Il
problema del ponte del mio paese è che non è un ponte, e allora ha i suoi
problemi, come tutti quelli che non sono quello che sono, che in genere uno si
aspetta delle cose, e invece no. E il problema del mio ponte che non è un ponte
ma una lunga passerella di ferro e traverse di legno, è che è troppo stretto
per essere un vero ponte come tutti lo chiamano da sempre e lui è sicuro di
essere, e allora la gente fatica a passare se sono in più di due, o anche in
due robusti come sono tantissimi adesso, e allora uno deve per forza incocciare
negli altri, che ci sono sempre, perché non solo quando un passaggio è stretto
ma ha la fama di essere largo, come un ponte, appunto, la gente arriva a
frotte, ma soprattutto se si fatica a passare è naturale che arrivano spontanei
dei guardiani, portinai e direttori del traffico, e il mio ha i suoi, e
parecchi, che si danno il turno, e a volte loro pure lo occupano, e intasano, a
frotte, per certe loro riunioni sindacali o di organizzazione dei turni e per
risolvere eventuali controversie che sorgono sempre quando si è in più d'uno,
specie in luoghi così stretti: volontari dei vigili urbani, cugini nobili della
benemerita, diplomatici di vaglia, ma in fondo, tutti, apertamente o sotto
mentite spoglie, guardie daziarie, San Pietro del passaggio dall'altra parte.
Solo che io passare voglio sì, ma mica sono ancora pronto al pedaggio e al
giudizio, e allora a volte cambio direzione, ma più spesso mi metto di
traverso, che essendo dimagrito occupo meno spazio, con le cuffie alle orecchie
e mi intrufolo con movimenti spediti, fischiettando senza guardare negli occhi
nessuno, facendo al massimo un cenno con le ciglia, e finora mi è sempre andata
liscia.
Nessun commento:
Posta un commento