E c'era questo piccolo Paesaggio invernale di Jacob van Ruisdael, tutto giocato sulle gradazioni del grigio con un ritaglio di cielo azzurro sulla sinistra che si riverbera sulle nubi e per il resto una scena buia, quasi notturna, che vorrebbe trasmettere una certa sublime terribilità (o tristezza) con questi alberi in primo piano, forse delle querce, che a dispetto della stagione sono ancora addobbati di tutte le loro foglie, come un altro cespuglio più in basso, perché i loro riflessi bianchi, gli orli ghiacciati come l'argine della stradina che porta alle capanne verso cui si dirige un contadino piegato sotto il suo strumento (un rastrello? una falce? ma per che cosa con quel tempo, con tutto attorno indurito dal freddo come marmo?), servono al pittore a accentuare il senso di gelo... un luogo di immaginazione, tutto pensato in studio, frutto di un'osservazione che ha smarrito quanto non le serviva perché la realtà non interferisse con la composizione, con il senso generico di paesaggio, e di paesaggio generico, che si intendeva rappresentare, tutto subordinato a masse, forme e colori, come è giusto che un quadro sia, non fosse qui troppo prono all'imperativo dell'effetto, al pensiero dello spettatore che apre la bocca per ammirare, e il portafoglio per acquistare.
...e poi quest'altro (Veduta di Haarlem con campi di candeggio, 1670-75 ca.) con il cielo in sezione aurea, si direbbe, in una di quelle inquadrature con l'orizzonte basso e il cielo altissimo a cui ci hanno abituato i western americani, a suggerire un'epica degli spazi che qui si coniuga però con la gloria del quotidiano, coperto di quelle nubi che nelle vicinanze del mare trascorrono veloci sulla costa lasciando sempre spiragli per una luce limpida, lucida, che a macchie bagna, o incendia, a seconda dell'ora, la costa, e qui, una campagna in primo piano dove lunghi nastri di lino sono srotolati per terra e ondeggianti sui fili degli stenditoi per asciugare, bianchissimi, tanto da sbalzare quasi in rilievo sul fondo dorato della terra sabbiosa, e Haarlem in fondo, ridotta a una striscia di pochi centimetri di altezza, ma con tutte le chiese e gli edifici che la rappresentano bene in risalto e il resto inondato dalla luce che brilla, mentre in alto, a punteggiare le nubi, volano uccelli che, se ricondotti alle proporzioni prospettiche, rispetto agli omini nei campi in primo piano e alle case all'orizzonte, potrebbero essere degli pterodattili, se non dei cacciabombardieri, eppure non disturbano, stanno bene lì, librati per sempre nel cielo a tracciarne la profondità, a suggerirne le vie.
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