Mi capita spesso, mentre passeggio sulla battigia ascoltando musica o moderatamente svagato, come sono uso, di trovarmi un bimbetto che mi taglia la strada a rischio di intrufolarsi tra le mie gambe e di cadere. Allora, automaticamente, con un gesto veloce eppure pacato, leggero, mentre rallento il passo o lo arresto, allungo la mano verso la sua testolina, per allertarlo o cercare un punto di appoggio e non franargli addosso. A volte gli sfioro i capelli, altre non ho nemmeno bisogno di toccarlo. E sorrido.
Per il bambino? Sì, quasi sempre. Ma anche, in certi
casi, quando ho la percezione del gesto mentre lo sto compiendo. Della sua
delicatezza spontanea. E' bello. Sono contento di esserne capace, anche se non
è niente di speciale. Anzi, proprio per questo, perché è di tutti, in linea di
massima. Ma sono contento di esserne capace anch'io senza cercarlo apposta.
Come se vi concentrassi la mia tenerezza inespressa. Ce n'è sempre a
disposizione.
Sono i momenti in cui mi sopporto. Convivo quieto con
me stesso. Sereno, senza farci caso. Infatti riprendo subito a camminare con la
massima fluidità. Il passo agile. Alato.
(Più tardi, a volte, mi fermo a guardare il mare.)
eccomi
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