(Opera di Mariella Bettineschi)
Sognerò la biblioteca universale con il bibliotecario
cieco e lo cercherò nei suoi meandri perché mi reciti a memoria, appoggiato al
bastone, rivolto al cielo assente, tutti i libri, uno per uno, a partire da
quelli scomparsi o dimenticati. Prima di svegliarmi, lui mi suggerirà dei
titoli che io correrò a appuntarmi su qualche foglio perché non ho l’abitudine,
detestando i sogni, a maggior ragione quando trascritti, di tenere l’occorrente
per scrivere sul comodino. Poi, da sveglio cercherò questi libri nel catalogo
universale online e scoprirò che esistono e che è possibile averne una copia,
cartacea o digitale, o se impossibile troverò l’indirizzo dove recarmi, con le mappe
e gli orari esatti, se la voglio leggere di persona, magari in un monastero
tibetano, dove mi sorprenderò di non capirci un’acca ma sarò estasiato di
sfiorarne la superficie rugosa con i miei sensibilissimi polpastrelli.
Oppure mi accontenterò di sapere che tutti i libri
sognati, e anche gli altri, ci sono, che qualcuno li ha catalogati, forse anche
letti, o addirittura che sono fuori in prestito. E poche ore dopo, quando
sbircerò il volume che sta davanti al signore dalle guance cadenti, da vecchio
libertino, che mi siede sempre accanto al vecchio tavolo della biblioteca reale
che frequento, mi accorgerò che proprio lui starà studiando uno di essi. Il più
prezioso di tutti: non foss’altro che perché sarà qui, davanti a lui, accanto a
me, e io lo potrò sbirciare, leggendo sopra la sua spalla, oltre la barriera
del suo corpo che metterà di traverso per impedire la mia curiosità importuna,
o farò finta di niente e aspetterò quando lui si prenderà una pausa per tirare
il volume dalla mia parte, oppure ancora seguirò il debosciato alla macchinetta
del caffè e lì lo lascerò di stucco, con l’occhio destro che si contrarrà a
piccoli scatti per lo sgomento, e forse la paura, quella, pensa un po’,
dell’inatteso, dell’improvvisamente ignoto, chiedendogli di parlarmene con una
domanda su un dettaglio secondario, che lui avrà appena letto senza capirci
un’acca.
A quelli che dicono che Dio si nasconde nei dettagli,
secondo la sua deplorevole abitudine di giocare a nascondino (finirà col farlo
da solo, come il mio amico Gianni che contava, si nascondeva, si cercava e si
liberava tutto da solo, - salvo poi tornare stranito a contare, sempre e solo
lui, senza capire il perché; Dio invece lo capisco: e ammiro la sua pazienza,
di aspettare quando tutti saranno stati presi, e lui, col suo miglior sorriso
tenuto in serbo per tutti quegli eoni, potrà finalmente gridare, felice come
nessuno è mai stato o mai sarà: Tana libera tutti!, - salvo magari accorgersi,
lui come Gianni, che non ci sarà più nessuno da liberare, o, peggio, che
nessuno vorrà più essere liberato), a tutti questi zelanti pignoli, si potrebbe
ribattere quanto affermava Voltaire: “Maledite i dettagli, la posterità li
ignora tutti”. Ma perché aspettare la posterità, se si può cominciare a
ignorarli da subito? Molti non si danno neppure la pena di maledirli, dal
momento che non se ne sono mai curati, come se non esistessero. Gente che va
subito all’essenziale, nel minor tempo possibile, con il minor dispendio di
energie, fisiche e intellettuali, possibile.
A costoro i libri non interessano: non solo li
disprezzano loro, ma fanno in modo che tutti gli altri seguano il loro esempio,
a partire dall’infanzia. Dalla scuola. Prima, anzi, già che ci sono. Tanto
qualche servo che li leggerà per loro e gli farà il riassunto lo troveranno
sempre, e a tutti gli altri (tutti gli altri servi) risparmieranno ogni fatica
dicendogli loro cosa è meglio dire e pensare, a dispetto di tutto e di tutti,
in primis dell’evidenza. E se proprio, c’è wikipedia (con tutto il rispetto,
come si suol dire). I libri è meglio lasciarli ai dipendenti fidati; gli altri,
quelli curiosi, precisi, quelli che hanno tempo da sprecare rincorrendo il
dettaglio a spese della comunità, è meglio che si diano una calmata. E se non
ci pensano loro, gli diamo un aiutino noi.
Così capiscono come funziona davvero il mondo e come
vanno usate le risorse, sempre più scarse per chi non sia noi (o al massimo uno
dei nostri). Cominciamo a limitare l’accesso ai testi, a porre ostacoli, poi
non aggiorneremo, poi faremo pagare i servizi, e infine li toglieremo del tutto
perché antieconomici. Del resto con tutto il sapere e le informazioni che già
sono in circolazione e che noi stessi alimentiamo ogni giorno, che bisogno c’è
di altro? Quello che offre il mercato basta e avanza. Se qualcosa non serve, si
elimina; qualsiasi cosa non serva: qualsiasi cosa non sia utile e non sia
serva.
Ps. Mi era stato chiesto di scrivere qualcosa sulla decurtazione, per non dire la soppressione dei fondi per l’OPAC SBN una decisione perfettamente in linea con la stupidità di chi ci governa, che vuole che sia condivisa appieno anche dai governati. Io godo da anni esclusivamente dei benefici del servizio di interprestito della provincia di Bergamo (che ha sempre funzionato benissimo e ora è minacciato di una sorte analoga, come molti altri servizi locali), oltre che delle biblioteche cittadine e all’occorrenza di quelle di Milano. In quanto non studioso poco serio non sono un utente dell’OPAC SBN, ma conosco e apprezzo, e a volte addirittura ammiro, varie persone per le quali esso è uno strumento indispensabile di studio e lavoro. E’ uno dei servizi che qualificano la civiltà di una nazione. La sua assenza è indizio di un'arretratezza culturale e economica che in genere chi la patisce desidera superare, e indica una delle strade che deve percorrere per raggiungere la sua maturità civile; la sua restrizione, o addirittura eliminazione, è sintomo inequivocabile di quanto invece una nazione inclini, se già non vi sguazza, verso la barbarie morale e culturale, cioè sociale e umana. Non sono stato in grado di rispondere alla richiesta che mi è stata fatta, mi spiace; mi è venuto solo questo pezzo, che certo non è di grande utilità. Spero di sbagliarmi, almeno un po'. Perché se non ho nessuna causa da servire e in genere diffido di chi lo fa, questo è uno dei casi in cui farei più volentieri un'eccezione.
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