Un gruppo di
uomini dei Balcani, e mediorientali, con qualche pakistano anche, vestiti come
i contadini di una volta, con pantaloni di tela grezza e maglie di lana a
mezzamanica color carne o grigie, tarlate e slabbrate, piene di rammendi, non
del tutto pulite, o che danno questa impressione anche appena lavate, la barba
di qualche giorno, i capelli scarmigliati, gli occhi scuri, luminosi, passa tra
i vicoli cantando in coro, come canzoni di montagna e in una lingua comune pur
essendo loro di origini diverse, prima di sparire nel cortile di una cascina
del vecchio paese di montagna.
Il passo è
agile, deciso. I piedi calcano le pietre con vigore. Le pareti della viuzza
rimbombano, ma piano, in sordina. Qualcuno scherza. Sono allegri, pieni di
vita.
“È la Comunità Viperina che torna a casa!”, annunciano sul portone.
(Sognando, sono
allegro e pieno di vita anch’io.)
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