A quella sulla sinistra un recente temporale ha spezzato un grande ramo, mostrando che è molto malata. Probabilmente verrà tagliata, dice il tecnico che abbiamo incontrato stamattina. Anche un'altra sembra malata, e allora... Mi vien da piangere.
Il tecnico fa delle considerazioni sul fatto che accettiamo come normale che una persona centenaria muoia. La riteniamo fortunata di aver vissuto tanto, anzi. (Io no. O perlomeno faccio abbondanti distinzioni) Mentre un vecchio albero che muore ci addolora, come se avessimo pensato che fosse eterno, o potesse durare indefinitamente, molti secoli, millenni. E' vero, un grande albero che muore addolora con un'intensità sorprendente, senza che ci sentiamo in colpa come se avessimo sottratto questo dolore a un essere umano. Come se fossero due dolori differenti, essendo però lo stesso. Un lutto in qualche modo, per l'albero, più ancestrale, però. Che comunque molti non provano, senza stupirsene. Mi stupisco io per loro. E anche per me.
Poi il tecnico (uno che sembra sia stato nominato più volte tra i migliori giardinieri pubblici italiani, o qualche onorificenza o carica del genere), ha detto che in un cortile qua vicino c'è una paulownia tomentosa registrata nel catasto teresiano (1718-60). Erano sei pochi decenni fa. Ora ne ha accanto solo una molto più giovane.
Gli parlo di alcuni grandi gelsi che ho visto, e lui mi dice che nel cortile di una cascina semiabbandonata a pochi chilometri da qui ci sono due gelsi del 1630, pare.
Nei prossimi giorni li fotografo e pubblico.
Prima che spariscano.
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