Sentiva allora in ogni parola (da giovane, negli anni in cui aveva cominciato a scrivere), afferma scuotendo inavvertitamente la testa da sinistra a destra, tutte le volte e le circostanze in cui l’aveva letta, o sentita, o usata lui stesso; tutti i contesti, le variazioni, le sfumature e soprattutto le meccaniche ripetizioni; e questo lo stordiva, e nauseava e, quasi sempre, lo bloccava. Come avveniva con la lettura al Solomon Šereševskij studiato da Lurija, ha scoperto poi, che ricordando tutte le occorrenze di tutte le parole lette non riusciva a concentrarsi sul testo che aveva sotto gli occhi e in genere a fare astrazione da tutte le occorrenze uguali o simili che ogni cosa o evento gli suscitavano. O al Funes di Borges per tutti gli istanti vissuti. Anche ora gli capita spesso, confessa; e sempre con ogni parola o espressione che pretende di alzare la testa (la cresta) sopra le altre, di richiamare l’attenzione, vanitosa (squallida e ridicola); solo che ora, se non a non farsi bloccare (non sempre, cioè), ha imparato anche, aggiunge, a lasciarsi sorprendere da queste costellazioni innumerevoli, a farsi incantare e, qualche volta, persino a gioirne.
(Anche l’ascoltatore, poco professionalmente, non visto però, scuote inavvertitamente la testa, ma dall’alto in basso, senza riuscire a trattenere del tutto un accenno di contrazione automatica delle labbra, di smorfia o sorriso, o entrambi.)
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