Ho
appena visto su una piastrella del bagno un gruppo di persone in abiti
rinascimentali, in prevalenza donne, disposte, o sedute, attorno a una tavola
riccamente imbandita, con una figura regale a capotavola, accomodata
dignitosissimamente su un trono sormontato da un baldacchino da cui pendevano
stendardi sfrangiati che non sono stato in grado di capire se fossero ricamati o
solo fatti di seta cangiante o altra stoffa screziata.
Poi,
a uno sguardo più attento, ho visto che il gruppetto in semicerchio era composto
di dame che ballavano in movimenti sincroni ma ciascuna con una sua gestualità
raffinata, quasi astratta eppure sensuale, mentre la presunta tavola erano
altre dame che si muovevano pure in un secondo semicerchio all'interno del
primo, ma in senso opposto, entrambi
aperti di fronte al trono, verso il quale però una alla volta avanzava con
movenze di sua invenzione, mentre il re, ora appoggiato allo schienale e con il
braccio destro mollemente abbandonato sul bracciolo imbottito dal pomello mirabilmente
scolpito (mi pare con una testa leonina tanto perfetta da incutere timore),
faceva piccoli cenni, con la mano o nell'espressione del viso, a seconda del
gradimento dello spettacolo di cui veniva omaggiato, forse segnali a qualche
favorita, o al ciambellano incaricato di trovargli compagnia per la notte.
Mi
sono chinato per cercare di decifrare la sua espressione. Se compassata, come
supponevo, o libidinosa. L'iconografia del tempo è avara dei segni della
libidine. E semmai ne riveste solo le donne, adeguatamente svestite di tutto il
resto peraltro. Ma era sparito
tutto.
Non
sono più stato capace di vedere niente. Come fossi diventato cieco.
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