E sono andato, come al solito se appena ne ho il tempo, al
cimitero. E senza cercarla, mi sono imbattuto nella tomba collettiva degli
scrittori portoghesi, tutti lì assieme nello stesso posto affacciato sullo
spiazzo centrale, ben soleggiato, ma anche con qualche albero per fare ombra
d'estate (che va bene la brezza dell'Oceano, ma insomma lì il sole picchia
forte anche se peraltro alle vecchie ossa questo calore fa solo bene...), nella
stessa palazzina dell'aldilà, con la speranza che non siano troppo litigiosi e
si facciano compagnia invece, e abbiano bei conversari e nascano nuove amicizie
ultratemporali. E ero contento, e mi sembrava di sentire quelle loro voci
melodiose e di partecipare anch'io in qualche modo a tutto quel ciacolare
brillante e fantasioso. Perché tra i morti, con i morti, non è difficile
intendersi: ciascuno conserva la propria lingua, con tutte le sue meravigliose
peculiarità, ma tutti le capiscono tutte e in tutto e per tutto, dagli incanti
della sintassi, alle figure più impensate, giù fino alle più sottili sfumature
semantiche e tonali. E mentre pensavo: chissà dove sarà Tabucchi, alzo gli
occhi, e dietro quella tomba vedo una cappelletta con scritto ESCRITORES
PORTUGUESES II e accanto dei nomi, l'ultimo dei quali, perché il più recente
credo, è proprio Antonio Tabucchi.
Sono così tanti gli scrittori portoghesi, e
tanta è la sollecitudine per ciascuno di loro, che hanno aggiunto una cappella
e altre ne aggiungeranno di certo quando sarà il caso. Sono contento che
Tabucchi sia qui con gli altri, non da solo. Mi avvicino e vedo che davanti
alla porta e sul vialetto e contro il muro laterale sono ammucchiate molte
corone e penso che sono tutte per lui, e che è giusto così, che gli scrittori
sono delle lingue in cui scrivono e dei luoghi che più amano e da cui, se la
sorte è benigna, sono riamati. E ho continuato a girare tra i vialetti, il sole
era a picco e non c'era quasi nessuno e insomma, non è bello dirlo, ma avevo un
serenità dolce e quasi gioiosa, dentro.
I suoi amici. Sì.
E ho visto monumenti e tombe con le insegne delle
professioni, e tombe di massoni e di libertari e atei fieri di dichiararlo, e
tante tombe con le porte a vetri e le tendine linde che dentro lasciavano
intravedere gli scaffali con le bare pulite e ordinate, ricoperte di panni di
pregio, e foto e ceri e altri ricordi sugli altarini contro il muro di fondo...
ma poi anche tutte quelle tombe con il cartello ABANDONADO,
le porte scardinate, i vetri infranti, e le vecchie bare ancora sugli scaffali,
alcune ricoperte da panni stracciati, altre socchiuse, marce, e gli oggetti per
terra rotti o ricoperti di polvere, le foto sugli altarini nelle loro
cornicette intatte, e le immagini che scolorano, svaniscono...
E
infine sono uscito, ho raggiunto i miei amici e ci siamo diretti verso nord, e
appena fuori città, c'era la chioma ondulata di questa foresta
di pini e sugheri che scorreva accanto alla strada, e noi era come se sciassimo
fluidi, in silenzio, sopra di essa, su tutto quel verde compatto che vibrava
appena al nostro passaggio, come se fossimo una grande mano che carezzava la
pelle antica del mondo.
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