04/01/14

Una lettera da Federico De Leonardis (il bravuomo mi vuol bene. Ricambio. E grazie!)


Caro Luigi, ti allego un commento al tuo delizioso libriccino. Volevo metterlo sul tuo blog, che ho scoperto pieno di cose che non ho ancora letto e che scaricherò senz'altro, ma non si apre al solito modo e poi volevo fare un commento generale sul tuo blog, un commento cumulativo per tutti i pezzi che fanno parte del tuo libriccino. Ci puoi pensare tu? Mettilo dove ti pare, ma ci tengo che sia sul tuo blog. Te lo allego. Quanto alle mie tagliatelle take it easy, ma non mi dimenticare. Dopo aver letto il tuo opuscolo, mi sono vegognato della mia seriosità: sono veramente un ossesso e certamente non è attuale una prosa ,alla Pascal o alla Cioran, sul modello del diario di lavoro, ma non demordo. ciao F

Ecco qui, sotto la foto che ci ha fatto Antonio Mottolese alla presentazione del lavoro grafico di Paola Lenarduzzi - molto bello! - : mi vergogno come un cane, ma bisogna ammettere che ogni tanto anche le menzogne amicali fanno bene...


Hello (halò, hoelø o come si dice in svedese) Premio Nobel della stupidità, della modestia allocca, della povertà di spirito (secondo la teoria cara ai filosofi il cui nome comincia con la H), hello.

Non lo riceverai mai, perché per prenderlo, un qualsiasi premio Nobel dico, bisogna fortissimamente volerlo prendere, ma tu sei troppo stupido per aspirare, non dico a quelle altezze, ma nemmeno a quei dieci centimetri che ti permetterebbero di scuccare al di sopra dei fili d’erba palustre, non so, magari per vedere qualcosa al di fuori, oltre la distesa piatta in cui ti fa tanto bene nasconderti. Ma se io fossi uno dei 19 giurati vichinghi preposti alla bisogna, ti scoverei e mi batterei come un leone (anche, ti confesso, per scaldare un po’ i muscoli in quei rigori polari) perché il premio venisse assegnato a te, abitante della sperduta bassa padana dalle parti dell’Adda, a te, aderente alla tua terra come un lumacone dotato di antenne (o occhi che siano), retrattili per timidezza e estraibili praticamente ad libitum per curiosità.
Questo messaggio dell’Imperatore (cioè il sottoscritto) è partito alla tua volta, ma tu come da copione non l’aspetti: te ne stai sulla soglia del tuo guscio protettivo a guardare la fucina vermiglia della notte, verso occidente del Rosa, pensando alle solite cazzate da scrivere sull’animalume fraterno. Poi, stufo, lemme lemme, secondo il tuo costume di bavoso seminatore di scie più o meno dolciastre, t’avvii verso l’altra parte del fiume, a te caro per l’umidore che contraddistingue il suo abitat, attraversando il solito ponticello e poi la statale Bergamo-Milano e gridando ai tuoi cari sepolti lì vicino: tranquilli arrivo!
… e ciak: spiaccicato bidimensionale sull’asfalto.
Addio premio Nobel della stupidità.

A parte gli scherzi, caro Luis, sai quale è la prova decisiva ai miei occhi per la quale uno è un vero artista? Il fatto che io cominci a vedere (deformazione professionale), pensare, fantasticare, chiacchierare dentro me stesso alla maniera di costui. Nella fattispecie, per parentesi tonde e quadre, interruzioni continue, interiezioni, incisi, tangenti sempre in agguato, allitterazioni (che cazzo vogliono dire?), un’infinità di subordinate a un’unica principale, che si perde però nella lontananza dall’inizio della frase, immersa nella marea delle andate e ritorni prima di arrivare, faticosamente e ansimando, manco a dirlo, al punto finale: ah, ci siamo!
Cosa ne esce? Un beato cazzo di niente, come deve essere del resto: nessuna metafisica, nessun senso, se non uno sgusciolamento fuori dal contesto, un nascondimento, non poi tanto riuscito, del personaggio principale, che poi, in qualsiasi storia (ma la parola è decisamente robo ante per roba come la tua) tu decida di immergerti e immergerci, sei tu.
Che altro dire? Me lo sono proprio goduto il tuo libricino natalizio, dall’inizio alla fine, anche se molte delle “storie” le avevo già lette sul tuo blog. Ma è proprio questo il bello: una conferma che la carta è ancora viva, un più rispetto alla superficie a luce diretta: ha un margine bianco per i propri pensieri, che poi sono le uniche cose che contano (non son questi che vuoi suscitare?). Nella sequenza dei capitolini non ho scoperto alcuna perdita di peso o intensità emotiva che dir si voglia, non ci sono défaillances, cadute e tutto è stato scelto con precisione e messo al suo posto a sottolineare un’estrema varietà di situazioni e di temi. Sono serio, qui sono serio. Bravo e grazie. federico

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