Questo appena tradotto da
P. Splendore è il suo secondo romanzo, pubblicato nel 1977. Il titolo originale
suona In the Heart of the Country, ed
è stato modificato in Deserto forse
per distinguerlo da Nel cuore del cuore
del paese, il bellissimo libro di William Gass (Einaudi, Torino 1980), e
per ricordare invece Dust, il film
che la regista belga Marion Hänsel ne ha tratto nel 1985, premiato col Leone
d'Argento a Venezia. Ne è protagonista Magda, una delle tante
"malinconiche zitelle, ignorate dalla storia, livide come le blatte delle
nostre case ancestrali," di cui "la terra è piena", una "zitella
arrabbiata al centro del nulla", "figlia-vedova del torvo padre"
proprietario di una isolata fattoria nel veld
sudafricano.
Un personaggio simbolico
che sa di esserlo ma ignora il proprio significato: "se sono un simbolo
che lo sia fino in fondo. Sono incompleta, sono un essere con un buco dentro,
significo qualcosa, ma non so che cosa, sono muta". Una muta sui generis
tuttavia, dal momento che tutto il romanzo non consiste che dei frammenti del
lungo delirio per mezzo del quale essa tenta di organizzare la propria storia,
di trovarle un senso attraverso cui comunicare con gli altri; eppure muta
davvero poiché non vi riesce, abbandonata sempre di più alla propria solitudine
a mano a mano che i successivi tentativi di rapporto con gli altri falliscono.
Ma in primo luogo il
delirio è prodotto dalla difficoltà di comunicare con se stessa, di far
coesistere, fosse pure in maniera precaria, corpo e mente, che sembrano andare
in due direzioni opposte senza riuscire
a scindersi completamente. Se infatti alla scheletrica secchezza e alla
sterilità dell'uno corrispondono l'ipertrofia e la volontà generatrice, e
persino autogeneratrice, dell'altra ("invento tutte queste cose perché
queste inventino me"), nondimeno nessuno dei due riesce a prevalere,
mettendo a tacere l'antagonista. Ogni tentativo di autodefinizione a partire
dall'una si scontra con gli imperativi dell'altro, opposti in apparenza ma
identici nella loro esigenza di fondo. Identica
sarebbe la risposta alla domanda che Magda si pone: "sono forse, mi
chiedo, una cosa tra le cose, un corpo spinto avanti da tendini e leve ossee, o
sono piuttosto un monologo che si muove nel tempo...?"; identica nella sua
reciprocità: "sei A proprio perché sei B, e viceversa", se non fosse
che proprio dalla reciprocità che Magda soffre l'esclusione.
L'assenza a se stessa è il
corrispettivo, e il derivato, di quella agli altri e degli altri; in primo
luogo, naturalmente, della madre e al padre. Il rimpianto per la madre,
persa nella prima infanzia, è ripetuto da quello per il padre, acuito e sempre
in bilico per tramutarsi in odio perché presente lui lo è, e presente
fisicamente. Ma l'unione con lui è resa impossibile dal suo rigetto ("per
mio padre sono stata un'assenza tutta la vita") o possibile soltanto in
ciò che il corpo di entrambi rigetta, le
feci liberate nello stesso secchio: "in qualche parte della fattoria deve
esistere un pozzo in cui, intrecciati l'uno nelle spire dell'altro, il serpente
rosso del padre e quello nero della figlia si abbracciano muoiono scompaiono."
Il padre da cui si è
assente opprime con la fora autonoma della sua presenza, chi ha generato blocca
la generazione: "oppressa dal peso di mio padre, lotto per dar vita a un
mondo ma riesco solo a generare morte"; e allora va eliminato, e con lui
la "nuova sposa" con cui si accoppia, la donna "in pace con il
proprio corpo" di cui è impossibile "sostenere il sorriso". Ma
se è facile eliminare la sposa, come sarà facile per il padre sostituirla con
quella del servo, non così semplice è sbarazzarsi del padre stesso, che ogni
volta ritorna. E anche durante le sue temporanee assenze lascia il peso dei
suoi resti da seppellire e quello del suo mondo che si pepetua. Anche nei
capovolgimenti.
Tornano alla mente
Althusser, i dibattiti sul rapporto tra Marx e Hegel: reminiscenza non
peregrina se si pensa che il romanzo è stato scritto a metà degli anni
settanta, tanto più che Hegel vi è esplicitamente nominato e che la dialettica
Servo-Padrone vi gioca un ruolo dominante. Tra il padre e il servo Hendrik e Anna,
la "nuova sposa" di questi, in primo luogo, ma poi, momentaneamente
capovolto, anche tra Hendrik e Anna dopo il secondo parricidio.
Hendrik stupra Magda, se la
assoggetta con la violenza; Magda prima si ribella, poi spera che
dall'accettazione dell'assoggettamento possa trovare la via ad accettare anche
se stessa, la pace col proprio corpo nel dare piacere ad un altro e, attraverso
ciò, uno spiraglio verso la reciprocità, la cancellazione dell'
"asimmetria (che) rende la gente infelice". Pia illusione, perché
Hendrik riproduce, e non può che riprodurre, su Magda la violenza fisica e
psichica alla quale prima lo confinava il suo ruolo di servo, senza tuttavia
godere della supremazia economica e della legittimazione sociale che rendono
tale il padrone. Infatti i soldi non ci sono ed è consapevole che quando verrà
alla luce la scomparsa del vero padrone, sarà lui ad essere accusato. Le sue
richieste a Magda sono inutili, al pari delle assicurazioni di questa di
assumersi ogni colpa: Magda infatti è la figlia del padrone, ma non la padrona,
non sa né può gestire il denaro; e non è nemmeno un ibrido: non è e basta, e da
questo provengono tanto la sua angoscia quanto la sua impotenza. La violenza
subita non la rende pari a quelli che l'hanno sempre subita ed ora la
esercitano: è solo un'altra violenza e basta; le parole che dice vengono dal
nulla e non saranno mai "parole di vero scambio"; Hendrik e Anna non
possono capirla quando li assicura che sono "le uniche persone al mondo a
cui (è) legata", perché quando supplica: "io non sono semplicemente
una bianca, io sono io! Sono io, non una
persona persona qualunque", nessuna di queste parole ha un senso: un
bianco è un bianco, Magda non può pretendere un io che nessuno le riconosce,
tantomeno da Hendrik e Anna, che non se lo sono mai visti riconoscere da
nessuno e sembra che ormai abbiano persino rinunciato a pretenderlo. Tutti
orfani ("naufraghi" dice Cotzee nella parole di Magda), di padri che
volano in alto o se ne sono andati senza portare con sé il loro peso.
J.M. COETZEE, Deserto, trad. it. di Paola Splendore,
Donzelli editore, Roma 1993, pagg. 160, £ 24.000
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