Piove, non ho voglia di uscire, ho smesso di leggere i saggi critici di Deleuze perché capisco quasi ogni frase singolarmente presa ma non cosa significano a gruppi, anche di due o tre messe insieme. E allora sono andato a riprendere qualcosa e ho ritrovato questo, con la foto di mio nipote Simone che guarda sotto una "scultura" mobile, e, in fondo al testo, un'altra, con il sottoscritto che scruta un cielo di chiavi, senza trovarne una sola che funzioni.
Mi sa che passo a un altro libro, per esempio "Il nervo ottico" di Maria Gainza.
Buona ora in cui vi trovate mentre leggerete.
E poi invece, in un momento che la pioggia si è presa una pausa, sono uscito lo stesso, e mentre stavo per attraversare una delle vie deserte del mio quartiere mi si accosta una macchina, che al momento ho pensato che era meglio se mi fermavo, prima che mi tirasse sotto, e invece la macchina si ferma lei in mezzo alla strada, scende un finestrino e dentro vedo un mio amico che mi chiede come sto, e dopo i soliti convenevoli mi fa: "Sai, è un sacco che voglio uscire da facebook, ma alla fine ci resto sempre perché ci sei tu e le cose che scrivi".
Accidenti, penso, ci mancava anche questa responsabilità!, come se la mia coscienza non fosse già gravata da una montagna di colpe reali e immaginarie che basterebbero per una serie completa di rinascite, dio non voglia. Allora lo ringrazio e gli dico: "Pensa che ho la stessa tentazione anch'io, ogni giorno si può dire, ma rinuncio sempre perché so che almeno tu mi segui regolarmente e non sopporterei di lasciarti a bocca asciutta e di perdere l'unico lettore sicuro che ho", giusto per raddrizzare l'asse del mondo e fare un po' di equilibrio. Per un po'. Fino alla grazia successiva, che chissà quando arriverà.
(Non è proprio così, ma poi sai, Piersandro, si comincia con la verità, si continua con una menzogna, e a volte si arriva a un'altra verità.)
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