Sono stato a Padova per presentare il mio romanzo Tempesta (10 persone, tutte incantevoli
e, mi sembra, incantate: molto bene!) e ne ho approfittato per tornare a vedere
Giotto e Musei.
Alla Cappella Scrovegni era la quarta volta che
andavo: due in epoche antiche (anni '80 e '90) e una lo scorso anno.
Sono arrivato alla biglietteria degli Eremitani a
un quarto alle 10: ho fatto il biglietto per Cappella Scrovegni e Musei (13
euro) e poi pagato i 3 euro di supplemento per le mostre su "Guariento e
la Padova Carrarese" sparse in città. Il bigliettaio mi ha detto di correre
subito agli Scrovegni perché mi aveva inserito nel turno delle 10. Sapevo
dall'ultima volta com'è la trafila e mi sono affrettato per non saltare il
turno. Nonostante questo, sono arrivato che avevano appena chiuso la porta. Ho
fatto segno, ma non c'è stato verso di entrare. Per fortuna non si era ancora messo
a piovere, così mi sono seduto su una panchina lì fuori a leggere. Quando attraverso
le vetrate ho visto che la gente all'interno si stava muovendo, mi sono portato
all'ingresso e sono entrato nel locale di quarantena davanti
a un televisore che trasmetteva in loop un documentario sugli affreschi e
spiegava anche il restauro giustificando tutto il cerimoniale dell'attesa e
della visita. Essendomi già pappato il filmato l'anno scorso, mi sono rincantucciato
su una poltroncina dell'ultima fila e ho continuato a leggere con la musica
negli auricolari x non farmi distrarre. Dopo un po' i nostri predecessori sono
sbucati dal corridoio che introduce alla Cappella e in un paio di minuti è
entrato il mio gruppo, una dozzina di persone.
Conosco bene la Cappella, anche per aver letto dei
libri e visto filmati dettagliati e riproduzioni molto accurate, però l'impatto
è sempre un colpo! Per non parlare dello starci dentro! Infatti non ne parlerò.
Appena entrato sono stato attratto dall'Ultima Cena, alla mia sinistra: ho
guardato per un po' la disposizione degli apostoli attorno al tavolo e nello
spazio architettonico, poi mi sono voltato e mi sono accorto, per la prima
volta, che la Pentecoste era proprio di fronte, e che gli apostoli nel
frattempo non si erano cambiati d'abito (50 giorni! Chissà se lo avevano
lavato? Magari era l'unico che avevano... o era l'abito della festa, come si
diceva dalle mie parti una volta, quando in genere uno aveva solo un abito
bello che doveva durare più o meno tutta la vita) e che persino la diposizione
attorno al tavolo era variata di poco, in particolare quella che mi interessava
(non dirò quale né perché). L'architettura del Cenacolo invece un poco aveva
subito delle modificazioni: un giorno o l'altro qualcuno me ne chiarirà il
motivo. Sempre che il Cenacolo dell'arrivo dello Spirito Santo sia stato lo stesso
dell'Ultima Cena. Certo che uno potrebbe anche dire che dopo l'Ultima Cena
niente resta esattamente lo stesso, e figuriamoci poi all'arrivo fiammeggiante
dello Spirito Santo in persona! Ho preso un veloce appunto di quello che ho
notato (senza queste ultime sciocchezze) e sono andato dritto filato verso il
Giudizio Universale sulla parete di fondo per verificare una cosa. Sì, era come
pensavo. Non ho fatto in tempo a appuntarmi anche questo (3 righe) che il
custode ci ha pregati di uscire. Come uscire?
Bisogna lasciare il posto alla prossima infornata.
Posso restare anche per il prossimo giro?, chiedo al custode. Non sono tanti,
uno in più non cambia. Niente, non posso, mi fa rammaricato. Gli spiace ma le
disposizioni sono queste. Sembra sincero (il che non cambia nulla ai fatti
però). Non sono l'unico a lamentarsi. Mi consiglia di scrivere all'autorità
preposta. Un consiglio che mi daranno anche più tardi, per una circostanza
diversa. Ne parlerò altrove.
Guardo l'orologio: la visita è durata 13 minuti
(come gli euro del biglietto). In questo frangente ho osservato due scene (e
solo per quei particolari che mi interessavano) e dei dettagli di un'altra. Non
ho visto come si sono comportati gli altri turisti. L'ultima volta c'era una
ragazza che spiegava un po' a chi lo desiderava, o quantomeno dava alcune
informazioni storiche e iconografiche: stavolta niente. Non so, forse è un
bene; io non ero stato ad ascoltarla, ma mica tutti i visitatori si sono
studiati gli affreschi per i fatti loro. Cosa avranno visto gli altri? In 13
minuti uno al massimo guarda un paio di cose e, se è ricettivo, per il resto si
lascia impregnare dall'ambiente. Dai colori dominanti, da un vago senso
spaziale. Nella cappella hanno ristretto anche lo spazio deambulatorio, così che uno non può
avvicinarsi più di tanto alle pareti. Deve stare attento a come si muove, camminare
al centro, con un occhio al flusso degli altri visitatori. Se vuole alzare la
testa senza intralciare chi invece si sta spostando, deve accostarsi alle
transenne e starsene lì immobile, roteando collo e sguardo secondo le capacità.
Le mie per esempio sono scarse (è da un po' che non vado dal fisioterapista).
Tenendo conto del percorso e degli sguardi panoramici complessivi, del tempo
perso per adocchiare dettagli o figure minori, come le allegorie o gli scorci
prospettici, per ogni scena restano in media 15 secondi al massimo. Alla fine non
hai visto un fico secco; se va bene te ne esci imbevuto di una vaga atmosfera a
cui per comodità (e per non sentirti un cretino, o per non incazzarti), dai il
nome di Giotto. Nemmeno imbevuto: una leggera spolveratina, una vaporizzazione
che si dissolve ancora prima di essere uscito.
Arrivato all'aperto ti guardi attorno un po'
confuso. Cosa mi è successo?, ti chiedi con la testa che gira. I tuoi compagni
di avventura si stanno disperdendo nel parco. Ti siedi sulla prima panchina
disponibile e hai la certezza che tutta la tua vita è andata esattamente così.
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