Fuori
dal bar, un tizio mostra agli amici il frutto della sua pesca. Due lucci, uno
di 2,6 kg, l'altro un mostro di 7 e mezzo, lungo più di un metro. 1,04 per la
precisione: il pescatore ci tiene. Mentre racconta la lotta per tirarlo a riva,
lo solleva per esibirne la stazza, perché tutti possano ammirarlo (il luccio o
lui?) e poi lo adagia in un mastello di plastica nel bagagliaio, sopra il suo
compagno. Respira ancora, muove lentamente le branchie e sembra guardarci. Sono
quasi le due e è stato pescato stamattina alle nove. Cinque ore così e ancora
resiste. Stremato, senza potersi muovere, senza più riuscire a aprire la bocca,
a usare i suoi denti. Mi viene in mente il corpo di mio papà che ha cercato
l'aria per giorni e giorni, i suoi rantoli meccanici, feroci. Chiudo gli occhi
e espiro, piano. Accendo una sigaretta e mi allontano.
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