Rileggendo dopo 40’anni Morte
della tragedia, mi sorprende (e un po’ mi deprime) notare come le
sottolineature e i segni a margine siano gli stessi che farei ora. Sono
cambiato così poco?, mi chiedo mentre mi compiaccio di avere individuato già
allora i passaggi, le formule e le idee più importanti del libro. (Più
importanti per me.)
Ma il libro è lo stesso!, si
potrebbe obiettare. No, dopo le migliaia che ho letto successivamente (e gli
anni passati, e le cose vissute, le vicende personali e no, ecc.). Potrei
illudermi di vedere ora, negli stessi passaggi segnati, qualcosa di più e di
diverso, ma non ricordo niente di ciò che posso aver pensato allora. Ci sono
solo quei segni. Il fatto che ho usato pochissime volte la matita per farne dei
nuovi. Certo, qualcosa è passato nel mio sangue, nella mia testa, ma cosa non
saprei specificarlo.
Rileggo come se leggessi per
la prima volta, ma sapendo che non è così, e sapendo anche che ogni lettura, in
un certo senso, è già una rilettura. E che ogni rilettura è una nuova prima
volta. Quella di adesso.
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