12/05/15

Albe - 1



(Per 35 anni sono andato a scuola più o meno all'alba, sempre lungo strade in mezzo ai campi. Non mi sono mai stancato di guardare il cielo e il paesaggio. Ogni mattina una piccola meraviglia. Sono un uomo semplice, mi accontento di poco: dell'universo. Alla fine, ogni tanto, nei 5-10 minuti mentre aspettavo sul ciglio del viale verso la scuola i colleghi milanesi a cui davo sempre un passaggio, mi veniva voglia di descriverne qualcuna. Per mio promemoria, perché a breve sarebbe arrivata la pensione e la routine sarebbe mutata. Qui la prima serie.)
  
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10 ott. 2006 ore 7,25-7,37
Quando esco di casa il cielo è sereno, l’aria fresca, la macchina fredda. Riscaldo un po’ il motore e vado in paese, dove mi fermo a prendere il giornale. Risalito in macchina, mentre aspetto il momento buono per ripartire accendo la sigaretta. Un minuto e sono già fuori dall’abitato, tra i campi. E’ una mattina bellissima, la prima di quelle autunnali che mi piacciono tanto. Adoro la pianura in tutte le stagioni e ad ogni ora, ma questi, e alcuni nelle mattine secche d’inverno, sono i momenti in cui la preferisco. Il sole non è ancora spuntato ma la luce già illumina la campagna, senza però colorare i banchi di rugiada che si alzano grigi qua e là, leggermente perlati. I campi arati hanno un colore scuro, con le zolle che sembrano gigantesche scaglie, umide, di cioccolato. La guazza sembra stendersi verso il fondo come una densa velatura di farina, o meglio: di zucchero (sono goloso.). Altrove, dove la campagna si apre in spazi più ampi, la rugiada crea fondali di differenti densità e altezze che la fanno sembrare nebbia. I filari di alberi che delimitano i campi si profilano neri e, nonostante siano separati dai banchi di rugiada, nettissimi, come se appartenessero a mondi contigui ma discontinui. Ogni tanto un albero isolato si accampa in mezzo a un prato: un vecchio noce, o più raramente un pioppo o un platano capitato lì chissà come. Il traffico è scarso, io guido a velocità moderata e ho tutto il tempo di guardarmi attorno. In vari punti si vede solo campagna senza case o cascine. Lentamente la luce si fa più chiara. Il cielo però, anche in fondo, verso ovest (la direzione in cui procedo), non è ancora diventato rosa, solo un’impercettibile sfumatura segue il confine della barriera compatta di alberi che verso l’orizzonte copre la riva dove terminava il lago che nei tempi remoti copriva questa zona. La visione è chiara nonostante in certi punti la guazza sia tanto alta che posso scorgere solo la cima ancora frondosa degli alberi più alti. A seconda che copra prati a maggese o distese di stoppie o si addossi contro i bordi di campi di granturco per qualche ragione non ancora tagliati, prende sfumature e densità diverse. La musica che mi fa oggi da sottofondo (Facing You di Keith Jarret) è già da un po’ che non la sento più, la sigaretta è arrivata al filtro. Apro il finestrino e la getto. Sento l’aria entrare, avvolgermi. Sto bene. In fondo ci sono le prime case di Treviglio. Torno a sentire la musica e comincio a canticchiarne alcuni frammenti nel mio modo stonato. Sono allegro e mi viene subito voglia di scrivere.
Qualche minuto dopo, mentre vicino alla stazione aspetto Vito e gli altri colleghi a cui do un passaggio ormai da 15 anni, prendo qualche appunto. Passano alcune allieve che guardano dentro la macchina e mi sorridono. Rispondo con un cenno del capo senza smettere di prendere appunti. Arrivano Vito e gli altri. Li saluto. Mi raccontano, come sempre, del loro ultimo battibecco sul treno. Mi viene subito una battuta divertente per risposta. Ridono. E’ quello che si aspettano da me. Ne dico un’altra e rido anch’io. Credo che oggi farò delle buone lezioni.

11 ott. 2006
Oggi è diverso. Sono partito 5 minuti prima, il sole sorge qualche minuto dopo, e così sono arrivato alla periferia di Treviglio prima che l’alba potesse mostrare i suoi effetti. Il cielo era sereno e un po’ di luce c’era già, ma debole, con tracce invisibili di ombra a intorbidirla. Nessun raggio filtrava dall’orizzonte, fasciato da un’alta cintura grigia, forse di smog. I colori dei prati erano spenti, opachi, e io distratto, con pensieri sbocconcellati che mi attraversavano la testa e si sovrapponevano appesantendola: fatto sta che il paesaggio l’ho guardato tardi, e quasi senza vederlo: io stesso opaco, la mente lenta, il respiro faticoso, la sigaretta consumata senza che mi accorgessi di averla fumata.

17 ott. (verso scuola, 3)
Stamattina, appena fuori paese, la rugiada era così fitta e densa che dai prati dalla parte del fiume si è spinta fino alla strada sotto forma di nebbia. Per qualche centinaio di metri la visibilità è scesa quasi a zero, poi di colpo la nebbia è sparita mostrando una campagna dai colori umidi e accesi, e, all’orizzonte, verso nord le montagne già illuminate dal sole, e verso est un cielo con sfumature rosa arancio e indaco appena percettibili. Svoltato verso il Badalasco, la rugiada è ritornata. Nei campi arati era leggera e la vedevo alzarsi come cosa viva. Nei prati erbosi invece si era staccata da terra e formava uno strato sospeso a mezz’aria, ad una altezza tale che un bambino avrebbe avuto la testa tra le nubi. Mi ricordo di una volta, di sera, che era così alta che ci passavo sotto con la macchina. I fari ritagliavano dal buio la terra e la base dei tronchi neri ai margini della stradina, e sopra c’era questa galleria densa e scura, che diventava perlacea e vibrante man mano che la luce riflessa dall’asfalto vi rimbalzava contro.
Dopo il Badalasco, dove la campagna è più aperta, la rugiada si è fatta più compatta. Degli alberi potevo vedere solo i primi filari, mentre sullo sfondo c’era una massa grigia dalla quale stavolta emergevano solo i pali dell’alta tensione e qualche macchia boschiva all’improvviso, come un’apparizione.
Dopo la salitella è apparsa invece Treviglio, e è scomparso tutto.

6-11-06
Stamattina il cielo è in parte velato da nubi sottili. Le montagne sono azzurre, la campagna ha colori carichi ma opachi. La spoliazione degli alberi procede a rilento, la maggior parte delle chiome è ancora verde, alcune si stanno brizzolando di giallo o di rosso. I primi a perdere le foglie sono i tigli dei viali, ma non è una regola. Non saprei. Nei campi di granturco tra le stoppie alcune piantine provano a crescere di nuovo, ma ingialliscono subito. Non vivranno, non servono a nulla, eppure sono belle. Sembrano l’illustrazione dell’estetica.

7-11-06
Stamattina, uscendo, ho trovato la brina nel prato accanto a casa mia e i vetri dell’auto gelati. Le nubi sottili che ieri avevano coperto l’occidente di colori che dall’arancione digradavano al violetto, inframezzate da lembi di sereno di un celeste che non mi ricordavo di avere mai visto così puro, se ne sono andate e ora tutto il cielo è sgombro, con il sole già alto sopra la riva verso Treviglio. Verso il fiume la guazza è abbastanza densa, non troppo alta, come una fascia di tre-quattro metri sopra la quale spuntano nitidi gli alberi, separati da una linea netta, come disegnata.
Delle montagne si scorge solo la massa azzurrorosata, compatta, senza dettagli. Il profilo invece è marcato da una linea più scura, quasi blu, contro il cielo azzurro opaco. Nei campi alberati la rugiada è bassa, addensata attorno ai piedi dei tronchi; dove la campagna è più aperta si ritira sullo sfondo, ai margini delle stoppie brinate.
(Io ero un po’ triste. Non so se c’entra.)


 8-11-06
Questa mattina il cielo è coperto da un sottile strato di nubi grigiorosate, che a sprazzi lasciano intravedere lembi di cielo azzurro spento: tutto, tranne una striscia all’orizzonte, dove si accampa il sole. L’aria è umida, ma non abbastanza da formare la guazza. Verso est vibra di un rosa che tende all’arancione, o di un arancione che sfuma al rosa. Vibra e brilla. Quando invece, dopo Badalasco, svolto verso sud, diventa grigia, un po’ opaca, e i colori della campagna si attenuano e sembrano spegnersi.
Nei pochi minuti del percorso il sole fa in tempo a salire fino a essere coperto quasi del tutto dalle nubi. Quando svolto di nuovo verso est, la striscia di sereno sotto il sole è incendiata di un colore arancione molto carico che sfuma verso un rosa sempre più tenue più si guarda verso i margini. Dopo la salitella l’orizzonte si abbassa e sotto la striscia di sereno vedo, sotto l’arancione, lembi slabbrati di nubi ciascuno di una diversa tonalità di indaco.
Appena arrivo alla periferia di Treviglio, e sempre più mentre mi inoltro in città, tutto si ingrigisce. Grigie sono le nubi in alto, e dove prima c’era il rosa ora si accampano varie gradazioni di bianco. Di bianco sporco. Sudicio.

30-11-06
Dopo tante grigie o insignificanti (o forse lo ero io), oggi è una bella mattina. Fa freddo, la campagna è brinata, con sparse macchie di rugiada che si alza non più di un metro. Due, verso il fiume. Il cielo è sereno, completamente sgombro, a parte sottili strisce di rosa molto pallido a oriente. Un campo arato da poco, contiguo a una villetta e delimitato da bassi arbusti, sembra un giardino giapponese. Al centro di un altro fuma un mucchio di letame. Le montagne sono una macchia blu, come aria addensata. Una signora sul bordo della strada si piega in avanti come chi si appresta a attraversare. Mi fermo e le faccio cenno di passare. Mi sorride. Appena appena. Quanto basta. E tanto mi basta.

5-12-06
Nebbia. Il sole non è ancora sorto ma non è buio. Man mano che mi avvicino a Treviglio, l’aria grigia si carica sempre più di azzurro. La visibilità è buona per una ventina di metri, poi sfuma per altri trenta. I campi sembrano infiniti, specie quelli arati, per la prospettiva dei solchi. Degli altri emerge di volta in volta solo il filare più vicino alla strada; il secondo solo raramente e come una macchia stinta. Una casa, un palo della luce, un’auto parcheggiata alla volta. Due, tre lampioni, non di più.

29-1-07
Stamani ho visto il turchino più bello che mi ricordi. E’ stato per due-tre minuti al massimo, attorno alle 7,30, in una porzione di cielo appena sopra l’orizzonte, negli spazi liberi tra le nubi sottili, arancione e rosa, dell’alba serena. Poi è svanito nell’azzurrino scipito del resto del cielo.

27-2-07
Mattino bellissimo. Sole già alto, ma luce ancora radente su erba nuova e campi arati. Luccicano. Il vento ha pulito l’aria. A nord si vedono le Alpi, a sud gli Appennini.
Al ritorno spero di vedere il Monte Rosa.
... (12,30)
E sì, l’ho visto, dall’alto della riva di Pontirolo, bellissimo, con una nube a coronargli la cima, e tutte le Alpi, a destra e a sinistra, a perdita d’occhio, innevate, e più vicino le Prealpi Orobiche brulle, con tutti i paesini appoggiati a qualche cima o incassati negli avvallamenti, discernibili casa per casa, e Bergamo alta tanto vicina da poterla raggiungere con una passeggiata, e l’erba nuova che, pur con il sole a picco, tremava e ancora luccicava.

5-12-07 (foglietto sparso- appunto veloce: trascrivo com’è)
Zero gradi. Luce pervasiva, debole ancora, rappresa sulle superfici ricettive; ossatura degli alberi nera, ritagliata netta dall’aria; un prato giallo, un altro marrone scuro; ciuffi di stoppie ciascuno con il suo colore.
Nubi fino a mezzo cielo, nere sopra l’orizzonte con margini viola, smangiati dove dietro sta il sole. Turchino come 29-1-07




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