(Per 35 anni sono andato a scuola più o meno all'alba, sempre lungo
strade in mezzo ai campi. Non mi sono mai stancato di guardare il cielo e
il paesaggio. Ogni mattina una piccola meraviglia. Sono un uomo
semplice, mi accontento di poco: dell'universo. Alla fine, ogni tanto,
nei 5-10 minuti mentre aspettavo sul ciglio del viale verso la scuola i
colleghi milanesi a cui davo sempre un passaggio, mi veniva voglia di
descriverne qualcuna. Per mio promemoria, perché a breve sarebbe
arrivata la pensione e la routine sarebbe mutata. Qui la prima serie.)
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10
ott. 2006 ore 7,25-7,37
Quando
esco di casa il cielo è sereno, l’aria fresca, la macchina fredda. Riscaldo un
po’ il motore e vado in paese, dove mi fermo a prendere il giornale. Risalito
in macchina, mentre aspetto il momento buono per ripartire accendo la
sigaretta. Un minuto e sono già fuori dall’abitato, tra i campi. E’ una mattina
bellissima, la prima di quelle autunnali che mi piacciono tanto. Adoro la
pianura in tutte le stagioni e ad ogni ora, ma questi, e alcuni nelle mattine
secche d’inverno, sono i momenti in cui la preferisco. Il sole non è ancora
spuntato ma la luce già illumina la campagna, senza però colorare i banchi di
rugiada che si alzano grigi qua e là, leggermente perlati. I campi arati hanno
un colore scuro, con le zolle che sembrano gigantesche scaglie, umide, di
cioccolato. La guazza sembra stendersi verso il fondo come una densa velatura di
farina, o meglio: di zucchero (sono goloso.). Altrove, dove la campagna si apre
in spazi più ampi, la rugiada crea fondali di differenti densità e altezze che
la fanno sembrare nebbia. I filari di alberi che delimitano i campi si
profilano neri e, nonostante siano separati dai banchi di rugiada, nettissimi,
come se appartenessero a mondi contigui ma discontinui. Ogni tanto un albero
isolato si accampa in mezzo a un prato: un vecchio noce, o più raramente un
pioppo o un platano capitato lì chissà come. Il traffico è scarso, io guido a
velocità moderata e ho tutto il tempo di guardarmi attorno. In vari punti si
vede solo campagna senza case o cascine. Lentamente la luce si fa più chiara.
Il cielo però, anche in fondo, verso ovest (la direzione in cui procedo), non è
ancora diventato rosa, solo un’impercettibile sfumatura segue il confine della
barriera compatta di alberi che verso l’orizzonte copre la riva dove terminava
il lago che nei tempi remoti copriva questa zona. La visione è chiara
nonostante in certi punti la guazza sia tanto alta che posso scorgere solo la
cima ancora frondosa degli alberi più alti. A seconda che copra prati a maggese
o distese di stoppie o si addossi contro i bordi di campi di granturco per
qualche ragione non ancora tagliati, prende sfumature e densità diverse. La
musica che mi fa oggi da sottofondo (Facing You di Keith Jarret) è già da un
po’ che non la sento più, la sigaretta è arrivata al filtro. Apro il finestrino
e la getto. Sento l’aria entrare, avvolgermi. Sto bene. In fondo ci sono le
prime case di Treviglio. Torno a sentire la musica e comincio a canticchiarne
alcuni frammenti nel mio modo stonato. Sono allegro e mi viene subito voglia di
scrivere.
Qualche
minuto dopo, mentre vicino alla stazione aspetto Vito e gli altri colleghi a
cui do un passaggio ormai da 15 anni, prendo qualche appunto. Passano alcune
allieve che guardano dentro la macchina e mi sorridono. Rispondo con un cenno
del capo senza smettere di prendere appunti. Arrivano Vito e gli altri. Li
saluto. Mi raccontano, come sempre, del loro ultimo battibecco sul treno. Mi
viene subito una battuta divertente per risposta. Ridono. E’ quello che si
aspettano da me. Ne dico un’altra e rido anch’io. Credo che oggi farò delle
buone lezioni.
11
ott. 2006
Oggi
è diverso. Sono partito 5 minuti prima, il sole sorge qualche minuto dopo, e
così sono arrivato alla periferia di Treviglio prima che l’alba potesse
mostrare i suoi effetti. Il cielo era sereno e un po’ di luce c’era già, ma
debole, con tracce invisibili di ombra a intorbidirla. Nessun raggio filtrava
dall’orizzonte, fasciato da un’alta cintura grigia, forse di smog. I colori dei
prati erano spenti, opachi, e io distratto, con pensieri sbocconcellati che mi
attraversavano la testa e si sovrapponevano appesantendola: fatto sta che il
paesaggio l’ho guardato tardi, e quasi senza vederlo: io stesso opaco, la mente
lenta, il respiro faticoso, la sigaretta consumata senza che mi accorgessi di
averla fumata.
17
ott. (verso scuola, 3)
Stamattina,
appena fuori paese, la rugiada era così fitta e densa che dai prati dalla parte
del fiume si è spinta fino alla strada sotto forma di nebbia. Per qualche
centinaio di metri la visibilità è scesa quasi a zero, poi di colpo la nebbia è
sparita mostrando una campagna dai colori umidi e accesi, e, all’orizzonte,
verso nord le montagne già illuminate dal sole, e verso est un cielo con
sfumature rosa arancio e indaco appena percettibili. Svoltato verso il
Badalasco, la rugiada è ritornata. Nei campi arati era leggera e la vedevo
alzarsi come cosa viva. Nei prati erbosi invece si era staccata da terra e
formava uno strato sospeso a mezz’aria, ad una altezza tale che un bambino
avrebbe avuto la testa tra le nubi. Mi ricordo di una volta, di sera, che era
così alta che ci passavo sotto con la macchina. I fari ritagliavano dal buio la
terra e la base dei tronchi neri ai margini della stradina, e sopra c’era
questa galleria densa e scura, che diventava perlacea e vibrante man mano che
la luce riflessa dall’asfalto vi rimbalzava contro.
Dopo
il Badalasco, dove la campagna è più aperta, la rugiada si è fatta più
compatta. Degli alberi potevo vedere solo i primi filari, mentre sullo sfondo
c’era una massa grigia dalla quale stavolta emergevano solo i pali dell’alta
tensione e qualche macchia boschiva all’improvviso, come un’apparizione.
Dopo
la salitella è apparsa invece Treviglio, e è scomparso tutto.
6-11-06
Stamattina
il cielo è in parte velato da nubi sottili. Le montagne sono azzurre, la
campagna ha colori carichi ma opachi. La spoliazione degli alberi procede a
rilento, la maggior parte delle chiome è ancora verde, alcune si stanno
brizzolando di giallo o di rosso. I primi a perdere le foglie sono i tigli dei
viali, ma non è una regola. Non saprei. Nei campi di granturco tra le stoppie
alcune piantine provano a crescere di nuovo, ma ingialliscono subito. Non
vivranno, non servono a nulla, eppure sono belle. Sembrano l’illustrazione
dell’estetica.
7-11-06
Stamattina,
uscendo, ho trovato la brina nel prato accanto a casa mia e i vetri dell’auto
gelati. Le nubi sottili che ieri avevano coperto l’occidente di colori che
dall’arancione digradavano al violetto, inframezzate da lembi di sereno di un
celeste che non mi ricordavo di avere mai visto così puro, se ne sono andate e
ora tutto il cielo è sgombro, con il sole già alto sopra la riva verso
Treviglio. Verso il fiume la guazza è abbastanza densa, non troppo alta, come
una fascia di tre-quattro metri sopra la quale spuntano nitidi gli alberi,
separati da una linea netta, come disegnata.
Delle
montagne si scorge solo la massa azzurrorosata, compatta, senza dettagli. Il
profilo invece è marcato da una linea più scura, quasi blu, contro il cielo
azzurro opaco. Nei campi alberati la rugiada è bassa, addensata attorno ai
piedi dei tronchi; dove la campagna è più aperta si ritira sullo sfondo, ai
margini delle stoppie brinate.
(Io
ero un po’ triste. Non so se c’entra.)
8-11-06
Questa
mattina il cielo è coperto da un sottile strato di nubi grigiorosate, che a
sprazzi lasciano intravedere lembi di cielo azzurro spento: tutto, tranne una
striscia all’orizzonte, dove si accampa il sole. L’aria è umida, ma non
abbastanza da formare la guazza. Verso est vibra di un rosa che tende
all’arancione, o di un arancione che sfuma al rosa. Vibra e brilla. Quando
invece, dopo Badalasco, svolto verso sud, diventa grigia, un po’ opaca, e i
colori della campagna si attenuano e sembrano spegnersi.
Nei
pochi minuti del percorso il sole fa in tempo a salire fino a essere coperto
quasi del tutto dalle nubi. Quando svolto di nuovo verso est, la striscia di
sereno sotto il sole è incendiata di un colore arancione molto carico che sfuma
verso un rosa sempre più tenue più si guarda verso i margini. Dopo la salitella
l’orizzonte si abbassa e sotto la striscia di sereno vedo, sotto l’arancione,
lembi slabbrati di nubi ciascuno di una diversa tonalità di indaco.
Appena
arrivo alla periferia di Treviglio, e sempre più mentre mi inoltro in città, tutto
si ingrigisce. Grigie sono le nubi in alto, e dove prima c’era il rosa ora si
accampano varie gradazioni di bianco. Di bianco sporco. Sudicio.
30-11-06
Dopo
tante grigie o insignificanti (o forse lo ero io), oggi è una bella mattina. Fa
freddo, la campagna è brinata, con sparse macchie di rugiada che si alza non
più di un metro. Due, verso il fiume. Il cielo è sereno, completamente sgombro,
a parte sottili strisce di rosa molto pallido a oriente. Un campo arato da
poco, contiguo a una villetta e delimitato da bassi arbusti, sembra un giardino
giapponese. Al centro di un altro fuma un mucchio di letame. Le montagne sono
una macchia blu, come aria addensata. Una signora sul bordo della strada si
piega in avanti come chi si appresta a attraversare. Mi fermo e le faccio cenno
di passare. Mi sorride. Appena appena. Quanto basta. E tanto mi basta.
5-12-06
Nebbia.
Il sole non è ancora sorto ma non è buio. Man mano che mi avvicino a Treviglio,
l’aria grigia si carica sempre più di azzurro. La visibilità è buona per una
ventina di metri, poi sfuma per altri trenta. I campi sembrano infiniti, specie
quelli arati, per la prospettiva dei solchi. Degli altri emerge di volta in
volta solo il filare più vicino alla strada; il secondo solo raramente e come
una macchia stinta. Una casa, un palo della luce, un’auto parcheggiata alla
volta. Due, tre lampioni, non di più.
29-1-07
Stamani
ho visto il turchino più bello che mi ricordi. E’ stato per due-tre minuti al
massimo, attorno alle 7,30, in una porzione di cielo appena sopra l’orizzonte,
negli spazi liberi tra le nubi sottili, arancione e rosa, dell’alba serena. Poi
è svanito nell’azzurrino scipito del resto del cielo.
27-2-07
Mattino
bellissimo. Sole già alto, ma luce ancora radente su erba nuova e campi arati.
Luccicano. Il vento ha pulito l’aria. A nord si vedono le Alpi, a sud gli
Appennini.
Al
ritorno spero di vedere il Monte Rosa.
...
(12,30)
E
sì, l’ho visto, dall’alto della riva di Pontirolo, bellissimo, con una nube a
coronargli la cima, e tutte le Alpi, a destra e a sinistra, a perdita d’occhio,
innevate, e più vicino le Prealpi Orobiche brulle, con tutti i paesini
appoggiati a qualche cima o incassati negli avvallamenti, discernibili casa per
casa, e Bergamo alta tanto vicina da poterla raggiungere con una passeggiata, e
l’erba nuova che, pur con il sole a picco, tremava e ancora luccicava.
5-12-07
(foglietto sparso- appunto veloce: trascrivo com’è)
Zero
gradi. Luce pervasiva, debole ancora, rappresa sulle superfici ricettive;
ossatura degli alberi nera, ritagliata netta dall’aria; un prato giallo, un
altro marrone scuro; ciuffi di stoppie ciascuno con il suo colore.
Nubi
fino a mezzo cielo, nere sopra l’orizzonte con margini viola, smangiati dove
dietro sta il sole. Turchino come 29-1-07
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