30/08/25

Le lumache non puzzano



Stamattina era tutto uno zigzagare tra lumache e qualche residuo lumacone. Prudentissime, affollano i marciapiedi, le corsie pedonali e i muretti e i bordi delle recinzioni. Ci tengono a non morire prima del tempo. Quando sono nate si sono trovate con una serie di istruzioni, con qualche libertà di variazione, e dei compiti precisi da eseguire, col solito tornaconto di piacere e gradevolezze varie (l’aria, la gradazione dell’umidità, le differenti temperature e superfici da cui farsi titillare ecc.), come da contratto, e loro si attengono alla programmazione senza bisogno che qualche supervisore controlli. Lo fanno volentieri e con leggerezza. Non dico velocità. Nemmeno quando si accoppiano, perché il compito principale è perpetuare la specie, ovvio: ma quello forse comporta qualche sforzo in più, non saprei, comunque premiato da un godimento adeguato. La natura non risparmia in merito. Meglio troppo che non abbastanza. Cioè, immagino, a partire dalla mia risicata esperienza, e dalla prosopopea dei discorsi dei miei simili, così come dalle reazioni di animali più facilmente osservabili. Va be’ che sto a dire? Ahi ahi! Comunque sia, io, che scelgo apposta strade senza traffico e gli ampi marciapiedi del quartiere residenziale che sono sempre deserti, tutti in casa o via di corsa nelle loro grosse macchine, e tutt’al più qualche disperato a perdere tempo in giardino o a curarlo, è lo stesso, perché così posso ascoltare musica, guardarmi attorno svagato, senza pensieri manco a volerlo, e senza dover stare attento a dove metto i piedi, cacche di cane a parte, abbastanza rare in questa zona, devo ammetterlo, se ora, per evitare inutili stragi, da aggiungere alle tante di cui leggo ogni giorno, uomini animali e piante mi è difficile fare distinzioni, tranne quando mi siedo a tavola, se ora, dicevo, devo camminare con la testa costantemente bassa, già che tendo a incurvarmi di mio oltre che per l’età, e con gli occhi fissi a un paio di metri davanti ai miei piedi, con il rischio di scontrarmi con qualcuno che inopinatamente arriva in direzione opposta intento a precauzioni analoghe, allora il gioco non vale più la candela. 

 

Qualche etologo mi dica quali sono gli orari preferiti per gli spostamenti di queste vagabonde, che io cerco di adeguarmi, sempre che non faccia troppo caldo. Altrimenti sarò costretto a passeggiare per i centri commerciali o per le vie delle città. Che però sono pieni zeppi di esseri umani che fanno tutto meno che camminare e ti arrivano addosso da ogni direzione. Brutti, cattivi e puzzolenti. Le lumache non ti investono, invece. Non grugniscono. E soprattutto non puzzano.


 

 

25/08/25


 

Nel polittico del Maestro Paroto, Madonna col bambino, donatore e santi, in prestito dalla Tosio Martinengo, in basso a destra c’è una santa Agata che, invece che adagiato in buon equilibrio con il suo gemello sul canonico vassoio, esibisce un unico seno tenuto delicatamente per un capezzolo, in sublime equilibrio, dalla stessa tenaglia che gliel’ha strappato e maciullato. Il seno con base resecata in alto ritrova grazie al martirio una sua perfezione iperuranica e forma con la tenaglia uno strano fiore, elegante e perturbante, una rosa, il cui colore viene ripreso e amplificato dal risvolto del lungo mantello che copre la figura slanciata, da cui spunta, specularmente rovesciata rispetto a quella che regge con la punta delle dita la tenaglia, una mano sottile, abbandonata con la stessa raffinatezza che caratterizza tutta la figura, dolce e rassegnata, più che orgogliosa, della santa. Noi la guardiamo senza orrore e senza malizia, con rispetto e tenerezza, e quasi con l’eco sommessa di un desiderio.

21/08/25

L'atelier dell'errore



Mentre sul grande schermo la ragazzina inginocchiata sull’enorme foglio bianco compie il suo lento, danzato rituale prima di impugnare la matita, un grande insetto nero, con le estremità delle zampe e il lungo becco d’oro, attraversa il buio del palco ancora deserto pestando le zampe sull’assito, poi scende la scaletta che conduce in platea, percorre il corridoio laterale sfiorando gli spettatori che ritraggono le gambe accavallate all’infuori, apre una porta di sicurezza e scompare, nella luce dell’esterno.

Lui ce l’ha fatta. 

 


Alla fine, quando tutti se ne sono tornati tra le quinte, le luci si sono accese e gli astanti si sono alzati e alcuni stanno già lasciando la sala, uno dei ragazzi che hanno raccontato i loro disegni torna sul proscenio e comincia a parlare, con frasi forti e smozzicate, ringrazia, richiama un allibito Luca Santiago Mora sul palco per un supplemento di applausi, e intanto prosegue il suo discorso al pubblico che interrompe il deflusso, a sua volta sconcertato: Quando avete qualcosa di importante, dice, quando c’è qualcosa che per voi è davvero importante... quando... si interrompe, abbozza qualche altro spezzone di frase, perde il filo, lo riprende, e lo riperde e recupera di nuovo... insomma, ecco, non importano le difficoltà che dovete affrontare... e se anche qualche volta avete solo voglia di lasciar perdere... riassumo io, ...se avete la tentazione di mollare... non dovete perdere di vista la cosa importante... si muove, non riesce a stare fermo... ecco, andare avanti, mi raccomando, non mollare... e sta lì, ondeggiando leggermente, a guardarci tutti... e noi tutti lo guardiamo, immobili: l’unico che poteva dirci queste cose che volevamo sentirci dire e con l’autorità di dirle.