a Carlo Fei
Per scrivere
bisogna fermarsi, ma leggere si può anche camminando. A me capita di farlo.
Qualche volta. Senza un libro in tasca non mi muovo (per fortuna non sono il
solo: siamo una tribù più numerosa e diffusa di quanto si immagina). Non si sa
mai. Non si sa mai quando l'astinenza prende a mordere. Quando sei stanco di
sentire il cranio imperversato dalle folate del vuoto.
Ieri,
camminando per le mie stradine deserte, stavo leggendo una lezione sul Talmud
(ma pensa te!), quando a un certo punto, mentre i miei occhi scorrevano le
parole "sanzionare senza umiliare", ho sentito un profumo come di un
giardino fiorito, o più precisamente: di roseto, provenire dalla sponda spoglia
del canale che stavo costeggiando. Qualche metro, e poi più niente. Mi sono
girato per cercare se c'era qualcosa tra le sterpaglie o sulla sponda opposta,
un mazzo di fiori appassito ma con qualche residuo ancora attivo, un vasetto con
una candela non del tutto consumata, o un'improbabile fioritura (il 7 gennaio),
ma non ho trovato nulla che potesse giustificarlo. Sarà stato una specie di
allucinazione olfattiva, un dono rarissimo, o una fantasia. Però la sensazione
era netta. Passata ora. Amen.
Sono tornato
al libro e ho proseguito per qualche centinaio di metri, più attento a qualche
possibile ripresa del profumo che al testo che leggevo, però. Tanto che,
arrivato nei pressi del paese ho dovuto riprendere da dove ero
stato distratto, anche perché mi era venuta voglia di rileggere la frase
incriminata, e anzi tutta la fine del paragrafo, per memorizzarla. Mentre lo
stavo facendo una folata dello stesso profumo, molto intensa, mi ha avvolto di
nuovo.
Il passaggio
era questo: "La nozione di percossa indica una sanzione umana la cui
essenza consisterebbe proprio nel violare l'intangibile dignità personale del
prossimo. Dove va a stabilirsi la Grazia! ma il riferimento a Deuteronomio 25,
3 è esplicito: è qui che l'amore verso il prossimo deve dar prova di sé,
sanzionare senza umiliare, intervenendo nella vita dell'altro senza attentare
alla sua libertà".
Son cose che lasciano il segno (che colpiscono: che percuotono), se uno cammina bel bello lungo l'argine di un canale!
Son cose che lasciano il segno (che colpiscono: che percuotono), se uno cammina bel bello lungo l'argine di un canale!
Allora mi
sono fermato e ho scritto.
Io non sono
credente. Ieri un conoscente di Facebook (ma non solo: è un bravo artista che anche
ho incontrato di persona qualche volta), ha commentato un post con relativa
immagine (un frammento di affresco bolognese di Paolo Uccello). Un commento al
mio commento scanzonato all'immagine. Un commento di stampo evangelico. Che
oltretutto ha giustamente corretto il pressapochismo di una mia osservazione.
Ha un po' percosso la mia vanità insomma. Con un colpo secco, non forte ma
preciso. Mi ha sorpreso. Soprattutto perché non me lo aspettavo. Cioè non mi
aspettavo il risvolto cristiano, anche se un commento fosse pure di spicciola
filologia era naturale che citasse i Vangeli. Al mio ringraziamento (con un
"ma c'è anche chi non..."), ha poi ribadito declinando altrimenti, e sempre
correttissimamente, la sua precedente osservazione. Grazie ancora! (Sul serio:
l'ironia nei ringraziamenti la lascio ai camerieri.)
Io non sono
credente, né superstizioso né altro. Lo ribadisco. Senza "ma", come
forse qualcuno si aspetterebbe dopo un'affermazione risoluta come quella
("non sono credente ma...": che poi sarebbe: "non sono
credente... ma lo sono"; senza entrare nel dettaglio, o cercare
giustificazioni o ribattere in anticipo a possibili, e facili, e note, obiezioni - ho
studiato dai salesiani... -, o altro: per esempio vantandomi della contraddizione
ecc.; non mi interessa). Non lo sono e basta. Prendo atto del profumo. E basta.
Forse è
venuto dalle parole. Forse veniva da me. Mi piacerebbe poter dire di essere stato
io a sprigionarlo. Ma non posso: veniva da fuori. Era attorno. E io, dentro.
Prima di
leggere quella frase, la pagina prima, avevo sottolineato (avevo rallentato il
passo, sin quasi a fermarmi, per sottolineare) questo passaggio: "Hanno
così 'comprensioni' multiple che procedono non dall'ambiguità, ma
dall'inesauribile ricchezza delle innumerevoli dimensioni del concreto. Forse i
nostri concetti occidentali se ne allontanano troppo in fretta. Oh,
l'impazienza del concetto! Qui, la discussione si riferisce incessantemente
agli esempi, vi lascia germogliare nuovi concetti e riparte verso nuove
direzioni"; e mentre lo sottolineavo era come se come se ne fossi io l'autore,
come se le parole sgorgassero, germogliassero, da me. E pensavo: come si allarga il respiro, e l'orizzonte, e il
mondo, quando si incontra qualcuno che sa pensare, e, semplicemente, lo fa.
Come se germogliasse da solo. Attraverso lui, ma anche me, e tutti. Forse il
profumo veniva da lì.
si, hai ragione il profumo viene da tutti basta ascoltarlo. grazie, non ho mai avuto una dedica per la mia continua percussione verso gli altri. carlo
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