...e naturalmente c'erano queste
nobildonne, o badesse o religiose generiche, ritratte come sante (o
viceversa), che porgevano con suprema grazia il simbolo del martirio,
e addirittura lo eclissavano, o lo sublimavano, a ornamento, in quei
loro abiti preziosi anche quando all'apparenza semplici, e nella
postura elegantissima più degli abiti stessi, con quello sguardo
dolce, ma come sospeso, arrestato un attimo prima dell'ammiccamento,
e quindi quasi freddo, o tiepido, e appunto per ciò massimamente
sensuale... e quelle madonne tredicenni a volte tristissime, o di
poco più vecchie quando fuggono verso l'Egitto con quei san Giuseppe
men che trentenni dal baffetto appena disegnato sopra il labbro, il
capello nerissimo con basette a punta, con tratti gitani, affilati,
come ballerini di flamenco... o quei monaci e santi dagli abiti
semplicissimi ma nondimeno sfarzosi nel loro colore uniforme, a volte
di un bianco così puro, come mai si può vedere in altre pitture,
così candido, sfavillante, come un concentrato di luminosità, la
somma di tutte le luci, da cui sbucano teste incappucciate o piegate
di lato nella sofferenza o levate nell'estasi di una visione, e mani
bellissime, e poi solo, sotto, piedi nudi, in ombra, e poco più:
panni semplici ma di una morbidezza che è tutto meno che
penitenziale, che ricadono in pieghe amplissime, pittura di solo
colore, che si staglia da sfondi quasi omogenei, spesso scuri ma che
sfumano talvolta in fasci di barbagli, compatti, riflessi di fonti
lontane... e quell'apparizione della vergine a san Pietro Nolasca,
visionario abituale, che vedeva anche città, Gerusalemme celesti
immagino, ma qui ecco che gli appare, in trono, una bellissima
Vergine, accompagnata da angeli musicanti con tagli di capelli che si
sarebbero visti ancora uguali in certi paesani di Goya, con un lungo
abito candidissimo che scende fino alla nube su cui poggia i piedi
nascondendo completamente il trono su cui siede, attorniata da un
nugolo di angioletti che le formano un'aureola dorata, a centinaia,
che sfumano, in lontananza, in una luce infinitamente popolata...
visione orizzontale, che certo è venuta dall'alto ma ora si assesta
a livello del pavimento fino a invadere lo spazio della stanza del
santo avvolto da una di quelle immense tuniche marroni, da cui
sbucano le mani in preghiera, le dita anzi, un colletto bianco di
camicia, e la testa, coi baffetti d'ordinanza, piegata verso
l'apparizione, mentre alle sue spalle una porta aperta compensa
questa invasione, la equilibra, in un certo senso, aprendosi su un
locale buio, forse un'altra stanza, la cella vera e propria del
santo, o un androne, un corridoio, in fondo al quale è ritagliata
un'altra apertura, una finestra senza serramenti o vetri, o un arco,
che si affaccia su un cielo scuro, quello sotto cui abitiamo noi, che
alzando gli occhi, vediamo solo l'ombra appena imbiancata dalla
luna di qualche nube, e ce lo facciamo bastare.
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