30/12/13

Una visione di Zurbaran


...e naturalmente c'erano queste nobildonne, o badesse o religiose generiche, ritratte come sante (o viceversa), che porgevano con suprema grazia il simbolo del martirio, e addirittura lo eclissavano, o lo sublimavano, a ornamento, in quei loro abiti preziosi anche quando all'apparenza semplici, e nella postura elegantissima più degli abiti stessi, con quello sguardo dolce, ma come sospeso, arrestato un attimo prima dell'ammiccamento, e quindi quasi freddo, o tiepido, e appunto per ciò massimamente sensuale... e quelle madonne tredicenni a volte tristissime, o di poco più vecchie quando fuggono verso l'Egitto con quei san Giuseppe men che trentenni dal baffetto appena disegnato sopra il labbro, il capello nerissimo con basette a punta, con tratti gitani, affilati, come ballerini di flamenco... o quei monaci e santi dagli abiti semplicissimi ma nondimeno sfarzosi nel loro colore uniforme, a volte di un bianco così puro, come mai si può vedere in altre pitture, così candido, sfavillante, come un concentrato di luminosità, la somma di tutte le luci, da cui sbucano teste incappucciate o piegate di lato nella sofferenza o levate nell'estasi di una visione, e mani bellissime, e poi solo, sotto, piedi nudi, in ombra, e poco più: panni semplici ma di una morbidezza che è tutto meno che penitenziale, che ricadono in pieghe amplissime, pittura di solo colore, che si staglia da sfondi quasi omogenei, spesso scuri ma che sfumano talvolta in fasci di barbagli, compatti, riflessi di fonti lontane... e quell'apparizione della vergine a san Pietro Nolasca, visionario abituale, che vedeva anche città, Gerusalemme celesti immagino, ma qui ecco che gli appare, in trono, una bellissima Vergine, accompagnata da angeli musicanti con tagli di capelli che si sarebbero visti ancora uguali in certi paesani di Goya, con un lungo abito candidissimo che scende fino alla nube su cui poggia i piedi nascondendo completamente il trono su cui siede, attorniata da un nugolo di angioletti che le formano un'aureola dorata, a centinaia, che sfumano, in lontananza, in una luce infinitamente popolata... visione orizzontale, che certo è venuta dall'alto ma ora si assesta a livello del pavimento fino a invadere lo spazio della stanza del santo avvolto da una di quelle immense tuniche marroni, da cui sbucano le mani in preghiera, le dita anzi, un colletto bianco di camicia, e la testa, coi baffetti d'ordinanza, piegata verso l'apparizione, mentre alle sue spalle una porta aperta compensa questa invasione, la equilibra, in un certo senso, aprendosi su un locale buio, forse un'altra stanza, la cella vera e propria del santo, o un androne, un corridoio, in fondo al quale è ritagliata un'altra apertura, una finestra senza serramenti o vetri, o un arco, che si affaccia su un cielo scuro, quello sotto cui abitiamo noi, che alzando gli occhi, vediamo solo l'ombra appena imbiancata dalla luna di qualche nube, e ce lo facciamo bastare.

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