L'incisione Il
lanzichenecco e la Morte di
Dürer, del 1510, per certi versi sembra proprio una tavola di fumetto, e forse
lo è: c'è persino l'osso che nei cartoni animati viene gettato ai cani, o
spunta qua e là in Jacovitti (magari l'ha copiato da qui: i disegnatori di
fumetti sono molto più colti di quanto pensano gli sciocchi – alcuni perlomeno;
del resto è ormai una frase fatta dire che i grandi cicli di affreschi erano i
fumetti del passato). Però ci sono alcune cose che segnalano, senza ombra di
dubbio, il grande artista: la mano della Morte che tocca il braccio del soldato
come a richiamarne l'attenzione, e la testa e le spalle di questi che si
piegano impercettibilmente in avanti, con il peso del corpo bilanciato
dall'inclinazione opposta dell'alabarda, che il soldato regge meno di quanto vi
si appoggi.
È un gesto che non si nota subito: dapprima
l'attenzione va alle due figure prese nell'insieme, poi al gesto più evidente,
quello dell'ostensione della clessidra, che i due personaggi fissano con
espressione beffarda la prima (per l'occasione la morte non è puro scheletro ma
conserva gli occhi, oltre ai capelli e alle sopracciglia, che ne accentuano la
malignità), sgomento l'altro, tra l'inebetito e l'impaurito.
Solo dopo si nota la mano che fuoriesce dal mantello
sbrindellato, inciso con tratteggio fitto tanto da creare una macchia nera
nella parte più interna, come se fosse il centro buio dell'incisione, il
vortice nero che sta per risucchiare ogni cosa, e va a sfiorare la manica del
soldato, quasi confondendosi con le sue pieghe. È un gesto che conosciamo
tutti, per averlo fatto tante volte, consciamente o meno, e più per averlo
subito, spesso con disagio, da persone particolarmente fastidiose. (E pensare
che può anche essere un gesto di grande dolcezza, il contatto dell'intimità: la
mano che va, con naturalezza, leggera, all'avambraccio della persona amata, che
ne avverte appena la pressione ma ne riceve comunque tutto il calore, la
felicità profonda della confidenza, dell'abbandono.) Di solito però serve a richiamare
l'attenzione, pretende l'adesione a ciò che viene enunciato, alla sua verità, ma
soprattutto equivale a una presa di possesso: ne proclama l'intenzione; ne è
già l'inizio. Come se la Morte dicesse,
qui, al lanzichenecco, che non può pensare di sfuggirle; che, per quanto il tempo
non sia prossimo, a giudicare dalla sabbia ancora presente nella parte alta
della clessidra, è già, e per sempre, preso.
Solo allora, dopo che il mio sguardo si è in questo modo esercitato a focalizzare meglio i dettagli, all'improvviso io
vedo, sul polpaccio destro della Morte a metà scarnificato, il ricciolo di carne
che sporge, cadendo all'ingiù. Rabbrividisco, e forse solo allora capisco.
Nessun commento:
Posta un commento