Non si
capisce il perché di tanto accanimento, dal momento che l’anima è una merce
molto diffusa, sempre in produzione e senza scadenza, a parte quella naturale
del possessore umano, quando dicono che, liberatasi di lui come di una crisalide,
in parte cambia natura, nel senso che diventa più pura, senza scorie addosso, come
se solo allora raggiungesse la sua vera essenza. Forse è solo avidità.
Desiderio di stoccaggio illimitato. Forse in qualche modo per i due contendenti
è una forma di nutrimento, una specie di carburante che assicura la loro indefinita
perpetuazione. Non so. Lasciamo stare per il momento.
Sono
tante le cose di cui poco si sa in questa faccenda, cosa che per alcuni la
rende molto interessante. (Per altri invece noiosa, o addirittura insensata, superflua.
Gentucola.) Per esempio non si sa da dove l’anima provenga né di cosa sia veramente
composta: fatto sta che ogni uomo (ogni essere vivente, secondo le teorie di
certi entusiasti: ma questo al nostro compratore non interessa, e forse si
radica proprio qui il suo destino, che è la sconfitta), ogni uomo, dicevo,
riceve in dote la sua alla nascita e se la tiene fino alla dipartita, quando
diventa completamente disponibile per in due contendenti senza l’intralcio del
possessore originario che in qualche modo però ne ha determinato la
destinazione.
Essendo
così diffusa, in certe occasioni la si può comprare a stock di milioni alla
volta, ma chissà perché, in altre si ingaggiano lotte furibonde a proposito di
qualcuna in particolare, come alle aste. Forse per questioni di prestigio, per
mostrare i muscoli, demoralizzare l’avversario, umiliarlo addirittura! Anche se in questo caso il contendente B, quello buono, una bella figura mica la fa,
secondo me.
Di alcune
di queste contese viene poi raccontata la storia.
Il nostro
simpatico compratore (dico simpatico perché è chiaro fin dall’inizio che alla
lunga resterà in braghe di tela e il suo nemico, alla fine, nonostante qualche
sconfitta in battaglie marginali, vincerà la guerra e toglierà la merce dal
mercato tenendosela tutta per sé) ha elaborato comunque le sue strategie per
convincere i possessori a cedergli l’agognata merce in oggetto, che però, per
quanto allettanti, sono deficitarie. Formidabili a una considerazione
ravvicinata, non saranno mai risolutive in un’ottica complessiva. Prendiamo la
sua offerta più attraente: la ricchezza (o il potere: è lo stesso, cambia solo
l’apparenza). Qualcuno mi spieghi come può pensare di conquistare più anime del
nemico con una furbata del genere. Basta pensarci un momento: si tratta di un’offerta
per sua natura limitata, dato che si misura nel rapporto relativo a chi non ce
l’ha. È vero che tendenzialmente ne può offrire tantissima anche a tutti, ma se
tutti hanno tutto, nessuno è ricco o potente, dato che questo si misura in
relazione a un più e a un meno, ai pochi e ai tanti. Tutti non possono avere
tutto, e se anche tutti avessero tutto in un modo che non sappiamo capire e inoltre
ne fossero tutti contenti, beh, allora cosa distinguerebbe le offerte dei due
avversari? Anche il nostro eroe sarebbe buonissimo. E quindi uguale all’altro.
Forse sarebbero uno stesso unico tizio, come alcuni sostengono che in effetti siano. Lo stesso che
si sdoppia perché non sa cosa diavolo fare e allora inscena questo risiko delle
anime in cui incarna tutte le squadre.
Ma da noi
le cose non vanno così: per dare una cosa a qualcuno la devi togliere a qualcun
altro, per dare molto la devi togliere a molti. Se no è robetta, qualcosa che
interessa momentaneamente solo qualche poveraccio, gente che si fa abbindolare
per niente (la liberazione dalla suocera, per esempio; le belle ragazze e i bei
ragazzi; il successo al festival di Sanremo: miserie del genere…). Per cedere
quella dotazione che non si sa perché sarebbe così preziosa (è preziosa perché
ambita, asino!), uno avveduto chiede una contropartita consistente, adeguata
alla considerazione che se ne ha, o che si ha di sé, al narcisismo, alla superbia,
che tuttavia viene indicata dagli esperti come la massima debolezza. Altrimenti
nisba!
Certo, il
nostro amico ha differenziato l’offerta, o quanto meno il packaging, perché a
ben guardare tutto si riduce a quella citata. Anche le gioie del sesso. Che se
lo puoi avere, e anche comprare, senza troppi problemi, e anzi (meglio) se
induci qualcuno a offrirtelo spontaneamente, uno e poi un altro e poi un altro
ecc., magari addirittura con trasporto (con sentimento), è molto preferibile.
Se senza problemi lo acquisti, senza problemi lo puoi anche mettere in
disparte, o cedere. A parte alcune eccezioni che in quelle storie a cui
accennavo fanno sempre da pietra d’inciampo: quando uno cade nella trappola che
lui stesso ha teso, o ha nostalgia di qualcosa che ha abbandonato per
raggiungere altro ecc. Cose così, da melodramma.
Altro da
offrire a ben vedere ce n’è pochissimo. Nel caso che ci interessa un’alternativa
è stata individuata, una proposta che si tira fuori dal cilindro nei momenti
topici: la conoscenza. Altra cosa però sulla cui natura e utilità il dibattito
è ancora in corso, ma che non ha molti estimatori e quindi può essere smerciata
con difficoltà. È vero che chi la apprezza ne diventa avido e ne vuole sempre,
e sempre di più, fino alla dipendenza, come per l’eroina, ma il loro numero è
davvero limitato! Forse per questo proprio di costoro si raccontano le storie.
Cosa che però io non farò qui. Semmai un’altra volta. Al momento preferisco dedicarmi ad altre. La metafisica, al momento, mi sembra più attraente.
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