01/05/20

Lorenzo Lotto, Busto di Donna e altri vecchi appunti da una mostra di Dürer (2018)



Splendido “Busto di donna” del Lotto, del 1506, mai visto prima (per forza, è a Digione, nel museo con i “primitivi” fiamminghi e borgognoni e tutto il resto, che rimpiango sempre di non aver visitato l’unica volta che sono passato per quella città, quando ero giovane e stupido e avevo fretta di arrivare a Parigi). Lei è una che ho visto in giro, più volte, dalle mie parti (con il Lotto mi càpita, ogni tanto); forse è stata addirittura mia allieva, da ragazza (ricordo anche nome e cognome, se è lei: Nicoletta O.). Se la confronto con il “Ritratto di donna” di Dürer, del 1497, da Francoforte, e con il “Ritratto di dama” di Andrea Solario, che ho visto tante volte al Castello, pure bellissimo, anche lei con tutto che l’ho vista in giro spesso, ma idealizzata qui, a cui è accostata dal curatore, c’è tutta un’altra vita, paciosa, che fa sorridere quasi, in quel volto tondo, dalle labbra piccole, un accenno di doppio mento, da contadina, anche se non lo è, come dimostrano, non bastasse che si è fatta fare un ritratto, l’abito, semplice ma non austero né tantomeno povero, e quello sguardo un po’ tonto, non propriamente sveglio, ma a prima vista rassicurante, buono, se non ci fosse poi un sospetto, in fondo, di determinazione, capace di efferatezza persino, se toccata nel suo intimo, nella sua famiglia, nei suoi beni.


 
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Nella grande e composita xilografia di Tiziano “Sommersione dell'esercito del faraone nel Mar Rosso”, alcuni fogli sono praticamente astratti: linee ondulate (onde), tratteggi orizzontali (nubi e, in basso, mare – solo con una casetta questo, e segni di rocce e cespugli in basso a sinistra in quello delle onde, con in alto nel terzo foglio da sinistra segni che alludono a un promontorio con costruzioni appena accennate e forse un pontile). Mi ricordano tante cose.

 
 
Bellissima fds in “Battaglia di cavalieri”, penna e inchiostro di Dürer.

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è davvero significativo che ormai molti, io per primo, estraggano solo dei dettagli per le loro riflessioni e invenzioni, meglio se disposti in serie (mani, libri, grafie, figure di schiena...) evitando accuratamente di affrontare l’opera nel suo insieme, non solo per il timore di dire sciocchezze non avendola studiata abbastanza o per non ripetere cose risapute, ma come se non fosse più possibile scriverne dopo tutto ciò che ne è stato detto in passato, a meno di fare un lavoro approfonditissimo di erudizione e filologia, inclusi gli aspetti materiali, le letture spettrografiche e chimiche ecc., e scrivere un volumone per ogni quadro. Che resterebbe poi da collegare al resto dell’opera del suo autore e ai richiami, prestiti e variazioni dall’iconografia dell’argomento ma anche di altre opere di altri autori per questo e quel dettaglio. Altri volumi. Così il dilettante si assolve, e può lanciarsi nelle sue fantasie, sparando cazzate a ruota libera, come faccio io.

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Bernardo Prevedari, “Interno di un tempio con figure” (riproduzione di un disegno di Bramante, bulino, Milano, Civica raccolta stampe).
In un oculo o apertura sopra un’abside, disegnata in prospettiva e quasi trompe-l'oeil, finta nella finzione, a cui corrisponde, sulla destra, un rosone, proprio sopra (nel disegno, non nello spazio prospettico) un monumento che termina con una colonna sul cui piedistallo c’è la scritta “BRAMANTU/S (o g) FECIT/ IN MLO”, quasi vi fosse infilzata, c’è una grossa testa vista di nuca, riccioluta, che guarda fuori, verso un cielo immaginario.















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Bellissimo manoscritto del 1518, di anonimo copista, del De pictura di L.B. Alberti

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Piccolo (una spanna) e meraviglioso “San Girolamo penitente”, con sul retro un meteorite che squarcia le nubi, completamente astratto, se non ci fosse il titolo a soccorrere. (La riproduzione non rende minimamente l'idea.)
Poi un altrettanto piccolo, bellissimo “Paesaggio con la famiglia del fauno”, di Altdorfer.
 

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Però, dai, per dedicare un acquerello di misure neanche piccole (si direbbe a grandezza reale, o anche qualcosa in più), a un granchio, curatissimo in ogni dettaglio, beh, bisogna essere grandi!
(Anche Leonardo, nel 1503, cioè 8 anni dopo Dürer, ne ha fatto degli studi: ma appunto! E comunque solo studi, non un lavoro autonomo.)


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