E c’è nel campo avversario un altro eroe, altrettanto feroce, quando gli capita, come per esempio quando uccide il più caro amico del suo nemico, ma un po’ meno forte, che però attira più simpatie, perché mostra paura, perché tiene famiglia e sa che destino atroce aspetti la moglie e il figlioletto, e il padre e la madre e la città tutta, se lui sarà ucciso, come è evidente che accadrà. Eppure accetta di affrontare il nemico lo stesso, e questo gli fa onore; e gli fa ancora più onore che a un certo punto la paura lo invada e lo spinga a fuggire, perché avere paura è legittimo, è un tratto che nobilita anche gli eroi posti di fronte alla propria mortalità, al nulla che li attende appena oltre il limite del respiro, e proprio per questo tanto più onore gli fa che a un certo punto riesca a vincerla (non per nulla è un eroe) e ad accettare il destino, sia quel che sia. Tutto è scritto. Ma noi è sicuro che sappiamo leggere? E comunque a ciò che è scritto non importa che noi lo si sappia leggere o meno: accade lo stesso. E lui muore e tutti vedono dagli spalti la propria rovina, e noi siamo sugli spalti e dimentichiamo le sue efferatezze e vediamo solo la sua agonia, e la sua morte, e il dolore dei suoi cari e dei concittadini. E lo strazio atroce che subirà il suo corpo, la ferocia inaudita del suo vincitore, che non per questo sarà appagato, o solo pacificato. E poi il padre si umilierà per recuperare il cadavere, e al selvaggio uccisore si addolcirà un poco il cuore. Ma a nessuno si addolcisce il cuore per tutti i morti lasciati tra la città e il mare, e lungo il viaggio, e nelle regioni di passaggio e limitrofe saccheggiate e bruciate, tutta quella gente portata lì dai suoi signori e mandata al macello, soldati senza nome, solo singole unità di grandi numeri elencati nei cataloghi assieme alle navi, e per le donne schiave, che in quei numeri non rientrano neppure, se non le poche oggetto di predilezione e di controversie e di baratto, perché le donne, se non sono madri e spose, contano zero, e quelle oggetto di predilezione e baratto ancora meno di zero, a dispetto delle apparenze. Perché l’umiliazione per ciascuna ha il suo nome, senza quel minimo di pietà che il silenzio e l’anomia comunque assicurano: la loro vergogna, invece, l’ignominia che avranno subito, sarà per loro sigillata in eterno dal nome proprio e dal corredo di quelli dei famigliari, che le inchioderanno a una singolarità senza equivoco, incancellabile. Nemmeno sparire senza lasciare traccia sarà loro concesso.
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