I stagione
Capita talvolta di incrociare la bellezza nel mondo. Avevo
scritto del mondo, ma era sbagliato: la bellezza non del mondo in generale, ma
di qualche suo dettaglio o aspetto: la bellezza di ciò che fa il mondo. La
cogliamo e tanti saluti, senza sapere chi ringraziare. Invece rendere grazie è
una buona cosa. A me piace farlo. Non solo è giusto, tanto più verso chi si
eclissa prima di riceverle, ma fa star bene. A me succede così, almeno. E allora
grazie a tutti i benefattori anonimi.
Oggi voglio rendere omaggio a un giardiniere di cui ignoro
il nome. Chi passeggia sulla strada sterrata che costeggia il naviglio da
Groppello a Vaprio d'Adda, se a un certo punto, sulla riva spoglia, incontra un
bellissimo cespuglio di rose canine, stupito che resista e cresca così
rigoglioso, deve ringraziare lui.
Me lo descrivono come un signore sui settant'anni, di
media altezza, robusto, con un che di atletico: ancora un bell'uomo. Ha
lavorato tutta la vita alla manutenzione del canale alle dipendenze del
Consorzio del Naviglio, e continua a farlo per conto suo ora che è in pensione.
Conosce la zona palmo a palmo, i sentieri, la flora e la fauna, le sue vicende
e le controversie sulla gestione e la preservazione. Una memoria storica che a
nessuno interessa preservare e che lui non scriverà mai. Io lo starei
volentieri a sentire, ma non ho mai avuto occasione di incontrarlo. Si prende
cura del cespuglio come se fosse cosa sua. E lo è.
Quando è la stagione prende la bicicletta e percorre le
rive con i suoi pochi attrezzi in uno zainetto, pota i cespugli, li circoscrive
con paletti e nastri a strisce bianche e rosse perché i nuovi operai del
Consorzio non taglino o facciano altri danni, pulisce dalle erbacce e dissoda
la terra circostante, raccoglie in un sacco di iuta i rifiuti e se ne torna a
casa. Ogni giorno, se il tempo non è troppo inclemente, provvede a un segmento
di riva. Tra Vaprio e Concesa ha curato
e preservato una splendida buddleia, per esempio. Se necessario, anche quando inclemente
il tempo lo è.
Finito con la riva, si dedica ai cespugli che, grazie alla
disseminazione, sono cresciuti sull'altro lato della strada, quello boschivo,
limitandosi alla vegetazione dei margini, dato che il bosco non può essere
toccato. Qui non c'è bisogno di paletti e nastri, perché il Consorzio si occupa
solo del canale e delle sue sponde e quindi nessuno si prenderà l'iniziativa di
andarli a tagliare. Figuriamoci!
Fa tutto questo perché non si fida dei nuovi operai, che
cambiano prima di fare in tempo ad affezionarsi al Naviglio, ammesso che ne
siano capaci, e tantomeno al lavoro. A volte, sistemata la riva, scende anche
alla spiaggetta ai bordi dell'Adda e dà qualche ritocco qua e là. Poi, immagino
contento, se ne va. Lo siamo anche noi, grazie a lui.
II stagione
Se
è bello ringraziare chi non si conosce, lo è ancora di più farlo al diretto
interessato quando un caso fortunato ti porta a conoscerlo.
La
storia di prima me l'ha raccontata Alberto B., di Treviglio ma cittadino
onorario di Fara, che ogni tanto mi accompagna in queste passeggiate. Grazie
anche a Alberto.
L'anno
scorso, a metà luglio, e precisamente il giorno dopo il mio compleanno, quando
di pessimo umore (gli anni cominciano a essere tanti) ho fatto la mia solita
passeggiata ho avuto la più che pessima (chiedo scusa dell'esagerazione)
sorpresa di non trovare più il cespuglio. Ne ho sofferto. Il giusto. Ci sono
tragedie peggiori a questo mondo, lo so, ma hanno le loro agenzie specializzate
a divulgarle (e spiegarle), e io certo non le sottovaluto né trascuro (sia
detto una volta per tutte), ma qui mi piace limitarmi alle piccole storie di cronaca
bianca, alcune condite con radici e erbe amare, che a qualcuno, lo so per
certo, piace leggere o ascoltare. Pochi o tanti non importa: basterebbe uno. Contano
anche loro: le piccole storie e i pochi lettori.
Qualche
giorno dopo, c'era anche A., abbiamo incrociato un signore che tagliava i
rovi e le erbacce in un altro punto della riva. Un cosiddetto operatore
ecologico comunale, categoria onorevolissima peraltro (il titolo di giardiniere
sarebbe eccessivo). Gli abbiamo chiesto se era stato lui a occuparsi anche di
quelle dell'alzaia, e, ricevuta risposta affermativa, gli abbiamo chiesto se
costava così tanto fare una piccola deviazione come quella che avrebbe
risparmiato il cespuglio delle rose canine. O gli avevano ordinato di rasare a
zero tutto? Tanto ricresce ancora, è stata la risposta. Grazie e complimenti,
gli abbiamo detto. (Morale: le deviazioni costano.)
Poi
il cespuglio è davvero ricresciuto in fretta, ma certo non con quell'unico
grosso fusto che ne faceva l'arbusto meraviglioso che tutti ammiravamo. Persino
coloro che lo avevano visto solo nelle mie improvvisate foto documentarie.
Anche se bisogna ammettere che la ricrescita vertiginosa di singoli rami ha
creato composizioni a ventaglio di singolare bellezza, specie d'inverno, con la
neve o la brina.
Così
mi sono affezionato anche al nuovo cespuglio, alla cui evoluzione avevo
dedicato un secondo album di fotografie, che hanno procurato estimatori pure a
lui. (Non era bello che si sentisse derelitto.) Questo fino alla fioritura
primaverile, splendida a dispetto delle erbacce che circondavano sempre più
folte il nuovo cespuglio, che a sua volta cresceva in modo sempre più
disordinato.
Finché
un giorno non l'ho visto più, confuso con l'erba altissima e senza i rami che
sporgevano sulla carreggiata. Poi, con grande sollievo, da vicino ho notato che
qualcuno aveva intrecciato i rami sporgenti con quelli nascosti tra le erbacce.
Molto bene! Solo che ora aumentava il rischio che alla prossima pulitura delle
rive i nuovi rami, ora indistinguibili, fossero tagliati assieme a tutto il
resto. Tanto più che il tempo passava, le erbacce, i rovi e le pianticelle
infestanti, in particolare intere colonie del pestilenziale ailanto alte giù
due metri, crescevano rigogliose e fittissime, e il cespuglio era diventato
davvero invisibile.
III stagione (in corso)
Finalmente
ieri, 16 agosto, al ritorno dalla passeggiata ho visto che avevano iniziato a ripulire
le rive. Non sono andato subito a verificare che fine aveva fatto il cespuglio,
un po' perché avevo fretta e più ancora
perché non volevo guastarmi il buon umore che l'aria ancora fresca del primo
mattino mi aveva procurato. Avevo paura.
Oggi
invece, armato di macchinetta per documentare il sicuro scempio, mi sono fatto
forza e ho deviato per l'alzaia. Entrambi i bordi della strada erano tagliati
in modo brutale. Solo alcune erbe che sporgevano verso l'acqua erano state
risparmiate. Io camminavo trepidante, ispezionando il ciglio.
Lungo
il percorso ho incontrato un trattore con un grosso braccio meccanico che stava
tagliando il margine verso il bosco. L'ho superato di corsa, con la scusa di
non ingoiare la polvere sollevata, ma in realtà perché ormai faticavo a reggere
l'ansia. Cosa non fa l'autosuggestione! (Con le anime delicate, poi!)
Invece,
appena superata la curva l'ho visto! Intatto, ancora avvolto tra le erbacce che
lo reggevano come una corona il diadema, si ergeva splendido e solitario. Come
un diadema, appunto. Non mi dilungo sulla gioia perché il lirismo è troppo
facile. (Fa niente: che gioia! Chiusa la parentesi lirica.) Gli ho girato
attorno, me lo sono cullato in lungo e in largo e l'ho fotografato da ogni
punto di vista (escluso quello dall'acqua).
Al
ritorno, quando sono giunto all'altezza del trattore, non ho resistito, ho
aspettato che si fermasse per una pausa e ho bussato al finestrino. Il
conducente ha spento il motore e aperto la portiera. Il vetro della cabina e
gli occhiali che portava mi avevano fatto credere che fosse un uomo di mezza
età. Invece era poco più di un ragazzo. Gli ho chiesto se era stato lui a
tagliare la vegetazione anche lungo la riva. E alla sua risposta affermativa
gli ho chiesto come mai aveva risparmiato il cespuglio di rose canine. L'ho
visto e mi è parso bello, mi ha risposto, e allora gli ho girato attorno. Sì,
ho pensato, ha guardato e ha visto e gli è sembrato bello. Ha saputo vederlo in
mezzo alla sterpaglia che lo avvolgeva e soffocava.
Grazie,
gli ho detto. Anche a nome di tutti coloro che passano di qui e gli sono
affezionati. Gli ho chiesto come si chiamava e se potevo fargli una foto. Ho in
mente di scrivere qualcosa anche su di te e voglio mettere la foto, se non ti
dispiace. Si figuri!, mi ha risposto. E' sceso a terra, si è tolto gli occhiali
e ha sorriso. Eccolo qui. Che bella faccia! Grazie Roberto!
(Morale numero due: a farle bene e al momento
giusto, le deviazioni rendono.)
(E
già che ci sono, ringrazio la signora che ogni volta che le è possibile, con
sacchetti della spazzatura e guanti, ripulisce dei tratti di bordo strada e
margini dei prati circostanti. Grazie anche alle donne di via Pirotta che ogni
inverno preparano gli addobbi con i quali alla festa del patrono decorano la
via in cui abitano, inclusi gli alberi e le case di chi non è in grado di farlo
in prima persona. E un grazie postumo, infine, al mio defunto vicino, che passava
le giornate con la scopa in mano a spazzare meticolosamente la strada che
confina con la sua casa, attento a non tralasciare nemmeno un sassolino, una
cicca, o un singolo filo d’erba. Terminato il giro, metteva in un sacco nero le
poche cose che aveva ramazzato e riprendeva da capo. Era la forma che aveva
preso, in lui, la demenza senile. Una forma civica. Ognuno tragga le
conclusioni che vuole.)
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