05/04/19

Un utile esercizio (appunti per niente 5)


 
Quando non si ha niente in mente, né niente da dire o da fare e tuttavia si sente la mano formicolare e uno spazio libero ammiccare maliziosamente invitando a qualcosa che non si sa, o solo per allontanare un’ansia ancora leggera che da lontano comincia a farsi avvertire, un buon esercizio è prendere un quadro o un’immagine, qualcosa di già pronto, pensato e fatto da un altro con una qualche intenzione che però non interessa ora, un’opera a caso, pur sapendo che niente è davvero a caso e già aver preso questo o essersi soffermati su quello tra i pochi o i tanti che sono a disposizione, sotto tiro al momento, o che sono stati predisposti, o messi da parte nei periodi in cui si pensa al non si sa mai, o si immagazzinano per qualsiasi motivo che quasi subito viene dimenticato… è buon esercizio, dicevo, cominciare a descriverlo, tutto o in qualche dettaglio, e soffermarsi fino a imbastire un insieme coerente, o anche solo soffermarsi più qua che là, senza pensarci troppo, e andare avanti, variando tempi e attenzione come viene viene, e si vedrà che quello che non si sapeva di sapere ora lo si sa, quello che non si sapeva di cercare ora lo si trova, fosse pure la prova del proprio totale smarrimento, la verifica (non si dice l’accettazione: magari anche quella, chi lo sa?) della sospensione da cui ci si era mossi, e infine, dopo tanto percorso in cui l’abbandono, la dedizione, aveva sempre più quietamente e fors’anche gradevolmente trascinato gli occhi, la mano e magari anche (addirittura!) l’anima, trovarsi nella posizione, contento di aver comunque realizzato qualcosa che poi malaccio non può essere avendolo scritto noi, di potersi fermare a guardare il tutto da fuori come in qualche modo compiuto, e mettere un punto, come faccio qui ora, prima di passare ad altro.


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