06/11/22

Ogni tanto l’imbuto si intasa


Le donne escono di casa con gli orinali in mano. Si mettono in attesa vicino al carro e a turno li consegnano a mio zio che li travasa nella botte attraverso un grosso imbuto. Le braccia si alzano rigide e il petto delle giovani si protende contro l’abito leggero. Alcune restano così, come blocchi di lava nera, fino a quando non ricevono indietro, con l’orinale, anche lo sguardo di mio zio, che a volte allora interrompe per un attimo il suo monologo, quasi a riprendere fiato, mentre altre sembra accelerarlo per coinvolgere vicine e lontane. Ridono tutte, anche quelle che gli predicono catastrofi. La tua lingua ti perderà. Ogni tanto l’imbuto si intasa e lui con un bastone libera il passaggio. Il gesto rilancia la sua ispirazione, che viveva un momento di fiacca. Modula nuovi commenti, a catena, in un crescendo che si nutre da sé, estatico. Le donne smorzano le risa, le soffocano in gola. Piegano il capo verso terra e si sbirciano l’un l’altra portandosi la mano alla bocca. Lui rincara la dose; loro protestano ma riprendono a ridere. I mariti sono al lavoro. Io guardo la signora seminascosta da una tendina al piano nobile del suo palazzo. Non ne distinguo l’espressione. L’ho sognata anche stanotte. Prendo la trombetta dal gancio al mio fianco e soffio con tutte le mie forze. Un cane abbaia furioso muovendosi a scatti attorno al cavallo, che non raccoglie la provocazione. Continua a masticare assorto nella musetta che gli ho messo a tracolla, e questo è tutto. Dal fondo della strada si fanno avanti altre comari. Camminano in processione con passo lento, legato. Alcune portano l’orinale sulla testa, altre ne stringono il manico con la destra e lo reggono da sotto con la sinistra tenendolo a distanza dal grembo. Come un’offerta. La signora indossava un lungo vestito bianco e si proteggeva dal sole con un ombrellino di pizzo. Attraversava la piazza deserta senza affrettarsi, ma come avesse una meta davanti agli occhi. Io ero seduto sui gradini della chiesa. Alcune donne si fermano a chiacchierare, con l’orinale vuoto in mano, il braccio abbandonato lungo il fianco. Poi lentamente, di malavoglia, si allontanano a gruppi di due o tre verso casa. Mio zio continua a parlare, incurante del pubblico che si sfoltisce. Ne basterebbe anche una sola, per lui. Forse nessuna. La signora mi oltrepassava come se io non ci fossi, ma a me sembrava di notare uno sguardo gettato di sfuggita. Intenso, che mi bruciava. Io la seguivo da lontano. In riva al torrente, dietro le canne, affondavo la mia testa sotto la sua gonna. La voce di mio zio ripete il mio nome e uno scappellotto mi sfiora leggero la nuca. Ride, enumera ipotesi, evoca lontani ricordi, disegna scenari per il mio futuro, prossimo e remoto. Io guardo la strada deserta sbiancata dal caldo, la terra sbiadita. Do uno strattone alle redini e il cavallo, con un salto, riparte.

Nessun commento:

Posta un commento