Il cielo è coperto, il mare calmo e il vento fermo.
Sono già le undici ma la spiaggia è ancora semivuota, quasi tutti gli
ombrelloni chiusi. Dei sei aperti nelle mie immediate vicinanze, quattro sono
occupati da famigliole composte dai genitori e da una coppia di gemelli, di età
dai 2 agli 8 anni circa: tre di sole bambine, mentre l’ultima, quella più
piccola, di una femmina dalle vaghe sembianze mongoloidi, ma vivace e
intelligente, mentre il maschio è più silenzioso e tranquillo, e solo ogni
tanto si dondola sui due piedi da sinistra a destra per minuti e minuti, con
movenze che ho visto nei ciechi e negli autistici, senza essere né l’uno né
l’altro.
Per un attimo mi è parso di abitare una mediocre
allucinazione all’interno della solita risaputa storia raccontata da uno
sconosciuto, il solito cretino con scarsa immaginazione, ma subito mi sono
ricreduto: sono nel solito mondo risaputo, è lui ad avere scarsa immaginazione,
come la mia annotazione del resto. Non c’è bisogno di inventare o di ipotizzare
altro: l’aria del genitori è normalmente ottusa, la pelle mi brucia e sulla
passerella tra gli ombrelloni viene verso di me una giovane donna da capelli
rossi naturali che tiene per mano una sua gemella in miniatura di 9-10 anni che
di sicuro è sua figlia. Qualche metro indietro, la segue, con passo pesante e
instabile, il mostro della palude silenziosa, con i suoi occhi gonfi, la cresta
dorsale e la sua bocca dalle labbra sporgenti e rigonfie che taglia tutta la
testa come uno squarcio osceno. Ha la pelle chiara e senza squame, però, e è
obeso.
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