23/11/15

Tango dello schiacciasassi





C’è questo mio amico che i primi tempi che frequentava la scuola di ballo (ma anche dopo, a lungo), quando andava a passeggiare lungo il naviglio, su quel bello sterrato ampio e liscio tra Groppello e Vaprio, si metteva le cuffie alle orecchie e se c’era una musica che lo ispirava e non troppo traffico sul percorso, si metteva a ballare da solo, per consolidare i passi appena imparati e aggiungere qualche nuova variante che annotava mentalmente guardando quelli bravi, a scuola o nelle balere che aveva da poco, a sessant’anni, cominciato a frequentare. Un giorno, vicino all’ingresso della diga dell’Italcementi, dove c’è un ampio spiazzo che sembra una pista da ballo tanto il terreno è piatto e liscio, sente, oltre le cuffie, uno che gli grida: “ma non si fa così!”. Alza gli occhi e vede un enorme schiacciasassi, con un rullo alto più di due metri, che sbuffa vicino al cancello e un tizio in canottiera, con le braccia tatuate e una panzone di mezzo metro di raggio, che dalla cabina torna a gridare: “quel passo è sbagliato! tutta la sequenza!”. Il mio amico si toglie le cuffie e lo guarda; quello spegne il motore, salta giù dal bestione e, dopo essersi fatto dare l’mp3, gli dice: “aspetta che ti faccio vedere io... stai attento!” e senza frapporre indugi si mette a ballare con una tale grazia e una leggerezza da lasciare il principiante a bocca aperta. Un passo, un altro, e poi una, due, tre varianti, intere sequenze che invita a ripetere, correggendo gli errori di movimento e di ritmo, con pazienza. “Aspetta, faccio io la ballerina, così ti faccio vedere meglio...” e senza aspettare l’assenso del partner riluttante al contatto con la prominenza macchiata della canottiera e la pelle velata di sudore, lo prende per una mano, gli mette l’altra al fianco e, scandendo il tempo, riprende a ballare.
“Ma tu chi sei?”, gli fa il mio amico attento a eseguire correttamente i movimenti e a non finire sotto i suoi scarponi antinfortunistici. “Come fai a conoscere tutti questi passi?”
“Pòta,” gli dice quello mentre volteggia, “sono maestro di tango, io!”


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