C’è questo mio amico
che i primi tempi che frequentava la scuola di ballo (ma anche dopo, a lungo),
quando andava a passeggiare lungo il naviglio, su quel bello sterrato ampio e
liscio tra Groppello e Vaprio, si metteva le cuffie alle orecchie e se c’era una
musica che lo ispirava e non troppo traffico sul percorso, si metteva a ballare
da solo, per consolidare i passi appena imparati e aggiungere qualche nuova
variante che annotava mentalmente guardando quelli bravi, a scuola o nelle
balere che aveva da poco, a sessant’anni, cominciato a frequentare. Un giorno,
vicino all’ingresso della diga dell’Italcementi, dove c’è un ampio spiazzo che
sembra una pista da ballo tanto il terreno è piatto e liscio, sente, oltre le
cuffie, uno che gli grida: “ma non si fa così!”. Alza gli occhi e vede un
enorme schiacciasassi, con un rullo alto più di due metri, che sbuffa vicino al
cancello e un tizio in canottiera, con le braccia tatuate e una panzone di
mezzo metro di raggio, che dalla cabina torna a gridare: “quel passo è
sbagliato! tutta la sequenza!”. Il mio amico si toglie le cuffie e lo guarda;
quello spegne il motore, salta giù dal bestione e, dopo essersi fatto dare
l’mp3, gli dice: “aspetta che ti faccio vedere io... stai attento!” e senza
frapporre indugi si mette a ballare con una tale grazia e una leggerezza da
lasciare il principiante a bocca aperta. Un passo, un altro, e poi una, due,
tre varianti, intere sequenze che invita a ripetere, correggendo gli errori di
movimento e di ritmo, con pazienza. “Aspetta, faccio io la ballerina, così ti
faccio vedere meglio...” e senza aspettare l’assenso del partner riluttante al
contatto con la prominenza macchiata della canottiera e la pelle velata di
sudore, lo prende per una mano, gli mette l’altra al fianco e, scandendo il
tempo, riprende a ballare.
“Ma tu chi sei?”, gli
fa il mio amico attento a eseguire correttamente i
movimenti e a non finire sotto i suoi scarponi antinfortunistici. “Come fai a conoscere tutti questi passi?”
“Pòta,” gli dice quello
mentre volteggia, “sono maestro di tango, io!”
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