29/09/18

Italofonocentrico (appunti per niente 2)




Giusto per non essere italofonocentrico
Non so voi, ma io quando sento le parole polisillabiche inglesi, rispetto al ritmo medio di quella lingua, ho l'impressione che siano stonate, fuori registro, un po' ridicole. Quelle tedesche invece, specie quelle composte come tante costruzioni Lego, le avverto, chiedo venia al grande popolo e all'infinita cultura germanica, come altrettanti sforzi di uno stitico sulla tazza. Inutili peraltro. Non azzardo paragoni con quelle polacche e slave, i cui agglomerati e picchi consonantici mi suscitano a volte fitte intercostali. Altre invece svenimenti per asfissia. Invece adoro quelle finlandesi (praticamente tutte, credo) perché mi danno l'idea di gente che se ne sta in silenzio, da sola, a rimuginare in un paesaggio sconfinato di laghi e boschi e neve, per alcuni mesi, mentre per il resto se ne sta al chiuso, in compagnia, ma con poche cose da dire, e sempre quelle, e allora se la prende comoda, e per variare, introdurre sfumature, fare battute, infilza catene interminabili di sillabe e suoni elementari, molto limitati, come lallazioni in cui tutto cambia se raddoppi o triplichi o cambi di posto a una delle sillabe basiche, e per gli ascoltatori è un gran divertimento starle a contare o badare a dove è una e dove e quante volte torna e così per le altre, oppure fingere di seguire e ascoltarle come se fosse una ninnananna, che tanto è lo stesso, e addormentarsi sereni accanto al fuoco, ronfando come gatti.

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L'immagine non c'entra molto, ma mi piaceva metterla. Del resto anche certe lingue del becco d'anatra e dintorni non lesinano sulle sillabe...



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