Riba, il protagonista, è un editore (fallito economicamente) che si sente fallito (esistenzialmente), perché, tra l'altro, non è riuscito a scoprire lo scrittore geniale, quello che avrebbe spalancato un modo completamente nuovo di vedere le cose, di comprendere il mondo e la vita... un'aspirazione legittima, perché senza ambizioni (e entusiasmo, secondo le parole di suo nonno) non si combina niente di buono, ma anche sciocca, o stupida, per usare la parola giusta, anche se rispecchia un'esigenza che tutti abbiamo avuto, io compreso, e nondimeno del tutto sbagliata, perché presuppone qualcosa che non c'è mai stato, a dispetto che per secoli dalle nostre parti ci siamo illusi che fosse non solo possibile ma anche reale: cioè che ci possa essere un modo giusto, e quindi valido per tutti, di vedere il mondo, e anzi, più a fondo, che ci fosse un mondo unico, e quindi uguale per tutti, da vedere, e tutti quindi a lamentarsi che di geni non ce ne sono più e mai più ce ne potranno essere, essendo sottinteso, per i più ambiziosi, e cioè per i più illusi, che se fosse stato possibile, allora quel genio sarebbero stati loro: ciascuno di loro, il solo genio universale, dunque, che tutti avrebbero infine letto, o visto, o sentito, e quindi amato e

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