Vedi Euridice solo quando
scompare:
ma lei c’è solo se la vedi;
solo vedendola
la fai essere, ma lei è, solo
per scomparire.
La guardi per farla essere
nel suo sparire.
Solo nello sparire lei è e
puoi vederla.
Se la guardi lei viene a
essere,
vibra un istante nell’essere
mentre sparisce:
il suo essere è quello della
sparizione,
è un essere nella sparizione
che avviene mentre,
guardando, la vedi.
Guardare fa insieme essere e
sparire.
Sparisce alla vista che l’ha
fatta apparire,
che le ha dato apparenza
affidandosi
all’apparizione, alla sua
possibilità
che non ha mancato di
avvenire,
negando al contempo ogni
avvenire.
Per me Orfeo un attimo Euridice
la vede.
Forse non vede proprio lei,
ma il suo scomparire,
la sua scomparsa, il luogo
dove era,
che ora è vuoto,
ma segnato dalla sua assenza.
Colmo della sua assenza.
Pesantissimo. E impalpabile.
Perché l’assenza è assenza,
inutile
girarci attorno, farne una
diversa presenza.
È un momento
irrappresentabile.
Non ci sono quadri con
Euridice che scompare.
Lei è sempre ancora lì, e Orfeo
la tiene per mano,
o lui procede e lei con Ermes
lo segue.
In alcuni si volta e lei è
ancora lì, l’attimo in cui scompare
è troppo lungo, eterno: lei è
sempre ancora lì,
come se dovesse restare per
sempre, non sparire mai.
Come mostrare il voltarsi di
Orfeo e la scomparsa di Euridice?
Solo la parola lo può dire.
L’immagine fallisce sempre.
Nell’immagine lei c’è sempre
ancora, o per sempre mai più.
Non ci sono alternative.
Per i sentimentali lei sarà
sempre lì;
per i disincantati non c‘è
più per sempre,
non c’è mai stata.
L’attimo del suo esserci e
quello dello scomparire
sono lo stesso. Sempre già
avvenuto o da avvenire.
Mai presente. La presenza si
sogna.
La presenza dell’attimo è
sognata.
Perché sognarla allora?
Perché si sogna.
Nota per me: anche questo è un appunto antico, non ricordo a proposito di cosa, con coda di oggi 14-11-19. Tutto rivedibile.
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