Qui il cap. 1
Diego teneva il libro
ancora in mano e il riflesso della lampadina che rimbalzava dalla pagina gli
mostrava frammenti di un corpo scuro, nudo, non avrebbe potuto dire se bello o
meno. I lampi fuori dalle finestre non lo aiutavano: la luce balenava in salotto
senza superare gli angoli del corridoio e lui non osava completare l’ispezione
servendosi apertamente della pila. Non aveva nemmeno il coraggio di parlare, se
è per questo, e appena quello di respirare. Ma respirare è facile, non dipende
da noi. Come essere vivi, fintanto che si respira almeno. Essere vivo è
scontato, una volta che sei nato.
Non sapeva che fare. La
ragazza si copriva il sesso invisibile e ricambiava il suo sguardo atterrito
per ragioni diverse, in una supplica silenziosa. I sogni, quando si degnano di
farlo, hanno il dubbio gusto di realizzarsi perlopiù in modo strampalato e
ironico (ironia di cui nessuno sente il bisogno peraltro). Nel corridoio
rimbombavano urla in una lingua incomprensibile, la cui sostanza però non
lasciava dubbi. La ragazza le capiva entrambe, a lui bastava e avanzava la
seconda e non aveva meno paura di lei. Eccotela qui la tempesta interiore che
agognavi, pistola!
La
tempesta di fuori intanto imperversava come se niente fosse. Se ne fregano, gli
elementi! Si sbizzarriscono come gli pare e, quando sono stufi, se ne vanno
senza salutare. In collegio dovrebbero sbatterli! E bacchettate! Altro che
capirli, poverini, che hanno sacrosanti diritti loro pure! Te li do io i
diritti! Solo danni sanno fare. Prima imparino a stare al loro posto, poi se ne
parla (al limite). Mulinelli di varia entità sollevavano oggetti di entità
adeguata e li trasportavano finché non si sfracellavano contro qualche barriera
con violenza di entità corrispondente, calibrata al millesimo. Naturale!
Foglie, a mucchi, si dimenavano con movenze rituali, inefficaci però. Rami
spezzati, in preda a una pazzia solitaria, rotolavano per le strade finché non
trovavano il sollievo di qualche compagnia, di nuovi, precari intrecci. La
famiglia aiuta nelle disgrazie. Quando non le provoca.
Gli
alberi che avevano resistito alle stragi delle precedenti amministrazioni
finalmente si concedevano il lusso di cadere spossati, con traiettorie
sgraziate. Chi l’avrebbe mai detto? Avrei scommesso sulla loro eleganza. Il
livello dell’acqua cresceva fino ad allagare il piano terra di tutti gli
edifici, tranne le villette costruite quando andavano di moda i rialzi del
terreno, quelle montagnette artificiali che le fanno sembrare tanti stronzi su
un piatto di spaghetti al pesto. L’utilità del brutto! La rivincita della
merda. Per fortuna i giardini erano tutti devastati, le beole dei vialetti
sollevate, a mollo le cantine arredate di tutto punto! Adesso saranno costretti
a vivere in casa, i poveretti! A usarla, sporcarla, consumare il mobilio,
intaccare il velluto delle sedie, lasciare ditate sui cristalli, l’impronta dei
loro culi sulle poltrone cellofanate, schizzi di urina sul water, peli sulle
saponette, virgole di unto sul lavandino, capelli un po’ ovunque, e ovunque il
loro odore! Come quello della ragazza. Accidenti se suda! E chi non suderebbe
al suo posto? Ma è un odore talmente buono!, si ritrova a pensare Diego. Chissà
se anche il suo lo sarebbe per lei? La domanda è pertinente.
Sente pugni contro la
porta, dalla quale finalmente la ragazza si sposta, prima che a qualcuno venga
la bella idea di spararci contro. Comunque è blindata e non si può aprire dal
di fuori senza la chiave. Costretta a uscire dall’immobilità, la poveretta
prende a tremare, a singhiozzare in silenzio in un crescendo di agitazione che
sbocca in conati di vomito dapprima a vuoto e infine in un fiotto che si sparge
sul marmo gelato del pavimento. Solo allora Diego si precipita a cercare
qualcosa per coprirla. Ha la sindrome del ritardo. Mentre le getta un
accappatoio sul corpo accucciato e sobbalzante, la ragazza riprende a
singhiozzare. Poi il pianto si affievolisce e lui sente una voce incerta che
gli chiede scusa. Non la ascolta e va a prendere uno straccio.
Lo straccio in mano si
avvicina alla ragazza, che ora piange sommessamente, con la sordina, il respiro
più regolare. Si inginocchia davanti a lei per pulire, e lei lo scruta con
occhi sbarrati. Forse prima di pulire (ma perché diavolo gli salta in testa di
pulire in un frangente del genere?), sarebbe meglio dare un’occhiata al vomito.
Non si sa mai: per capire che intrugli avevano fatto ingurgitare alla
poveretta. L’emissione è di consistenza in gran parte liquida, di colore
biancastro con striature verdognole e ocra (o rossobruno: impossibile essere
precisi al quasibuio). Alcuni grumi scuri (marrone? verde carico? neri?) la
punteggiano di segni arcani, che Diego omette di decifrare però. (Non ha tempo;
confonde le priorità; trascura i dettagli; sovverte le gerarchie: niente male
per uno che si offende se qualcuno non apprezza la sua intelligenza.) La
macchia tondeggiante ha un diametro di circa quaranta centimetri, con alcune
appendici a forma di goccia allungata disseminate fuori dai bordi, a formare
una corona che si protende verso il pulitore, che quindi comincia da essa,
indifferente all’implicito omaggio (io non lo sarei stato: certe cose le noto
subito io). Alcune però le ha già asciugate con i pantaloni. Peccato: trattasi
infatti di un capo di buona marca, ben tagliato e costoso, anche se il lino
tende a sformarsi in modo sgraziato e a dare sempre un’impressione di
sciatteria.
Impegnato nella pulizia,
si accorge con un attimo di ritardo (è un vizio!) che la ragazza si è alzata di
scatto e si è fiondata verso la finestra che cerca di spalancare con la
probabile intenzione di uscirne, o di gettarsi, data l’altezza. Altre ipotesi
al momento non mi vengono. La forza del vento, che affluisce come se avesse
atteso solo quello per sfogarsi in un colpo solo, la respinge quel tanto che
permette a Diego di bloccarla. Di impedire il salto fatale! L’uragano si prende
le sue vendette sul mobilio e mette la casa a scompiglio. Le sputa addosso
tutto il suo disprezzo. Complimenti! La pioggia lava pareti e tessuti, spazza
il pavimento che non ne aveva alcun bisogno (l’ordine innanzitutto!), si
insinua negli angoli trascurati, lucida pannelli laccati e il megaschermo al
plasma. Giornali volano, soprammobili cadono, vasi e sedie si rovesciano,
quadri si staccano, libri ansiosi di essere letti si aprono alle pagine da loro
preferite e si autosfogliano a grande velocità contenti di finalmente
respirare, ante mal accostate si spalancano e si chiudono con ritmo asincrono,
come un applauso all’impresa gloriosa.
Diego allora abbandona la
sua preda, che se ne resta immobile nella postura presuicida (plastica), e, a
fatica, chiude la finestra; quindi accompagna all’angolo meno fradicio del
divano la ragazza e, parlandole con tono rassicurante, le cinge le spalle nel
frattempo non più coperte dall’accappatoio caduto nella corsa. Non appena il
tatto percepisce che è di nuovo nuda, Diego schizza all’indietro come colpito
da una scarica elettrica (ma con una leggera erezione), recupera l’accappatoio
e la copre. Le chiede come si chiama in italiano, francese e inglese (tedesco
no, chissà perché). Le parla (presupponendola essere dotato di senno), usa
frasi semplici e chiare (meglio non dare troppo per scontato) e cerca di
calmarla con voce suadente. Se non capisce le parole, almeno il tono, spera.
Incautamente le promette di aiutarla. Ci pensa lui a proteggerla, il
valentuomo! E perché no? Chi lo dice che non è in grado? Mica ha paura di quei
selvaggi, violenti sì ma sempliciotti. Viene da una cultura millenaria, lui! E’
un uomo fatto e finito, atletico, e ha fatto ottimi studi! A qualcosa sarà pur
servito! Spuntano da ogni angolo risorse che non immaginava di possedere, virtù
ataviche, forza sovrumana, astuzia e coraggio. I muscoli frolli si gonfiano per
rigenerazione spontanea, un decreto interiore con efficacia immediata potenzia
la capacità anaerobica, recupera dalla soffitta filogenetica vista notturna e
altre cianfrusaglie strumentali accantonate frettolosamente dall’evoluzione.
Conoscenze, strategie e mezzi ne possiede già di suo. Tranquilla dolcezza, che
ci penso io!
La ragazza sembra
riprendersi dalla catatonia in cui era piombata dopo il balzo interrotto
(scommetto però che se avesse davvero voluto ce l’avrebbe fatta a gettarsi nel
vuoto: le donne sono specializzate in tentativi di suicidio falliti) e prende a
mugolare come un vitellino di razza pregiata olandese (quelli con la carne più
squisita). Diego si fa forza e torna ad abbracciarla, ad accarezzarla come si
fa con i bambini (solo i capelli però) e a parlarle dolcemente (torna anche
l’erezione). Dal mugolio pian piano affiora una voce gutturale che tenta di
articolare suoni provvisti di significato: dapprima frammenti, poi singoli
lemmi, e infine, mentre anche la voce si schiarisce e acquista toni più umani,
e si direbbe quasi vellutati (l’erezione campeggia con inedito vigore), si
disegnano simulacri di frasi che vengono intramezzate da brevi frasi compiute
(frasi compiute!) in francese. Tu comprends? Oui, je comprends, risponde Diego
compassato (con l’erezione a mille). La ragazza (la gazzella nera!) gli dice che
lo ringrazia ma che non può restare un minuto di più. Che non lo vuole mettere
nei pasticci. Che adesso che tutto tace dans le couloir (dans che cosa?), è
meglio che lei se ne vada.
Ma dove vuoi andare,
benedetta, con questa tempesta e niente addosso? E poi quelli saranno di sicuro
in agguato (come diavolo si dice in agguato in francese?), in attesa (ecco,
meglio). No, no, devo andare, insiste lei. E invece tu stai qui tranquilla,
ribatte Diego; e per prima cosa ti copri. Adesso ti calmi un po’ e fai la brava
che vado a prenderti qualcosa da indossare (l’erezione non condivide la
proposta ma si adegua). Cerca la pila, la stacca dal libro appoggiato per terra
nei pressi del vomito, e va in camera a prendere un paio dei suoi jeans e una
maglietta di quelle che gli vanno larghe (la pupa ha seni mica da ridere; e
sodi!: senza volerlo nel bloccarla li ha sentiti. Se ne è trovato uno in mano!
L’erezione riprende vigore.).
Al ritorno la porta è
spalancata e la ragazza non c’è più. Nemmeno l’accappatoio. E nemmeno il
pullover che stava sull’attaccapanni dell’ingresso: un bell’oggettino di
cotone, da infilare velocemente la sera quando rinfresca. Un raro regalo della
sua ex fidanzata. Della penultima, per la precisione. Poco rimpianta peraltro.
Al contrario dei suoi colleghi
(tutti, nessuno escluso), Diego non era bello né affascinante, ma non poteva
neanche vantarsi di essere particolarmente brutto, magari uno di quei brutti ma
brutti che poi le donne trovano oltremodo interessanti: ma una donna che non
trovi qualcuno interessante non è ancora nata, se è per questo, ed è appunto di
questo che lui aveva ragione di lamentarsi per ognuna che tale lo trovava. Non
molte ma nemmeno poche (che tristezza!).
In corridoio (ecco cos’era
il couloir!) non c’è nessuno. Silenzio tombale, porte sprangate, non una luce
che filtra (per forza, c’è ancora il blackout) o un soffio di vento dagli
infissi, davvero di ottima qualità. Ci mancherebbe altro, con quello che
costano gli appartamenti! Palazzo con finiture signorili: primo lavoro importante
di un giovane architetto che ha poi sovrinteso personalmente alla costruzione
perché non ci fosse una virgola fuori posto: l’idea era di mostrarlo ai futuri
clienti come simbolo della serietà del suo progetto e del lavoro della ditta
edile (di proprietà del suocero), e così è stato. Ma chi se ne frega degli
infissi! La ragazza dove è finita? Mica può essere sparita! Che sia scesa al
buio e abbia affrontato la tempesta piuttosto che ricadere nelle sgrinfie dei
suoi amici? O invece, rassegnata, e per non creare guai al suo salvatore,
resasi conto delle scarsissime possibilità di fuga, è ritornata volontariamente
dai suoi aguzzini, magari supplicando il perdono e pronta a fare qualsiasi cosa
le avessero chiesto? O con gli aguzzini si è instaurato uno di quei torbidi
legami di cui ogni tanto si legge? Da questa gente balzana ci si può aspettare
di tutto, ma questo sarebbe davvero troppo. Eppure il masochismo umano è un
abisso senza fondo, riflette Diego, che ha masticato un po’ di filosofia (ma è
piuttosto digiuno di buona letteratura, come è facile capire).
Ma io ti cercherò lo
stesso. Io ti salverò.
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