Sono tre lustri ormai che gran parte di quelli che mi hanno sentito parlare delle figure di schiena o hanno letto qualche estratto del libro, se non addirittura tutto (santi!), sono preda di episodi più o meno gravi di contagio e cominciano a vederne un po’ ovunque. Alcuni, per scritto o a voce, mi parlano di questa loro strana quanto effimera esperienza di andarne in cerca quando visitano musei e luoghi d’arte, o di notarle in immagini che già conoscevano o che gli capitano sotto gli occhi nelle più varie circostanze o in testi in cui l’argomento viene magari solo sfiorato, e me ne fanno sempre gradito dono. L’ultimo in linea di tempo l’ho appena ricevuto da Maria Pia Pozzato, bravissima studiosa di semiotica e non solo (si veda Semiotica del testo, Carocci e Foto di matrimonio e altri saggi, Bompiani), di cui riproduco qui, con il suo gentile permesso, una lettera, con la mia risposta.
(1 - Questo è l’affresco dell’adorazione della Croce
e dell’incontro tra la Regina di Saba e Salomone, del meraviglioso,
infinito ciclo delle Storie della Vera Croce, di Piero della Francesca a
Arezzo)
Gentile signor Grazioli,
ho visto che lei ha scritto sulle figure di spalle. Proprio ieri, leggendo il libro di Jacques Aumont Du visage au cinéma, a p. 42 ho trovato l’interrogativo: un viso di spalle è ancora un viso? Forse può interessarle.
Cordiali saluti,
MPia
Cordiali saluti,
MPia
(2 - Questo è cio che, di solito, viene visto e riprodotto)
Grazie, cara Maria Pia
(passo brutalmente al confidenziale: che può essere signorilmente ignorato, o altrettanto signorilmente condiviso, come preferirei).
(passo brutalmente al confidenziale: che può essere signorilmente ignorato, o altrettanto signorilmente condiviso, come preferirei).
Chiunque entra in contatto con questo mio libro
(terminato 10 anni fa e iniziato almeno 5 anni prima), o con il suo
titolo o argomento, ne viene, chissà perché, un po’ contagiato. Forse fa
notare qualche piccola cosa su cui prima si passava pattinando veloci,
o ignorandola.
La domanda di Aumont è evidentemente francese.
La risposta è semplice: un viso di spalle è una
contraddizione in termini, o un ossimoro. L’interessante delle spalle, o
della schiena, è proprio che non sono il viso, che ne sono la
negazione, da una parte, o uno spostamento di concezione dall’altra.
L’invito a uno slittamento, a un pattinamento di lato, altrove.
Ho molto apprezzato il suo testo sulla descrizione in via di pubblicazione su Doppiozero.
In merito all’argomento mi è capitato, di passaggio, di fare alcune
considerazioni in un recente testo dedicato a Peter Handke, spero non
troppo vaghe e imprecise. È un argomento che mi interessa da sempre e
che riguarda ciò che scrivo e come scrivo (che poi sono la stessa cosa),
e non solo le molte sedicenti ekphrasis che compaiono nel libro e in
molti brevi testi ad esse esclusivamente dedicati del mio blog A spasso nella caverna: la mia idea, in poche parole, è che la descrizione non esiste.
Si parla sempre d’altro.
Un cordiale saluto
Luigi Grazioli
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