12/03/16

Cartolina senza scritto né indirizzo (da Il custode, 1)





C’è poi una cartolina senza scritta né indirizzo che qualcuno deve avere acquistato ad Amsterdam. È una cartolina d’arte, o che si pretende tale, come testimonia la scritta ART UNLIMITED che taglia a metà, completa di indirizzo e numero telefonico, il retro immacolato. In alto, a caratteri molto piccoli, ci sono il nome dell’autore della fotografia riprodotta, Ed van der Elsken, il titolo e la data di esecuzione, Portugal, 1969, e tutte le indicazioni di copyright. Potrei averla acquistata io stesso, ciò che testimonierebbe di un mio antecedente e dimenticato interesse per l’arte che, con mia grande sorpresa (eccetto il periodo dell’adolescenza, che non conta perché a quell’età sono tutti stupidi, ho sempre disprezzato le cosiddette faccende dello spirito), mi sono scoperto a coltivare dopo essere tornato nella casa di famiglia. Comunque sia non è la bellezza che cerco, che mi lascia del tutto indifferente. La fotografia riproduce una cripta funeraria e vuole essere divertente. Non c’è niente di più penoso di tale volontà, e di sicuro non è per questo che l’ho conservata. I muri della cripta sono completamente ricoperti di ossa, accatastate in strati di circa mezzo metro separati da mensole di legno. Le ossa sono per lo più quelle delle gambe e delle braccia, tagliate e messe perpendicolarmente alla parete in modo che le estremità arrotondate risultino ben allineate onde evitare pericolose sporgenze. A intervalli ancora di mezzo metro, certo per qualche banale quanto superfluo bisogno di equilibrio (l’equilibrio è rassicurante), sporgono invece dei teschi, come risulta dalla prospettiva della parete di sinistra. I teschi sono disposti in modo alternato da uno strato all’altro, così da formare delle diagonali che rompono la monotona tirannia delle linee orizzontali e verticali o, se si preferisce, in modo da creare dei rombi le cui diagonali disegnano tante invisibili croci. Preferisco la prima ipotesi: certamente i monaci volevano fare qualcosa di grazioso, a modo loro, come a indorare la pillola. Sulla sinistra, nell’angolo in cui due pareti si incontrano, c’è una donna sorridente. Indossa una specie di lungo grembiule di cotone verde con motivi colorati che disegnano linee orizzontali, per dare slancio alla figura tozza, un colletto morbido arrotondato, bianco come i grossi bottoni che scandiscono l’abito. Sopra indossa un cardigan verde scuro (o blu) allacciato da un singolo bottone nella rientranza tra i seni cadenti e il ventre un po’ gonfio, che ne viene messo in risalto. Le maniche sono rimboccate sulle braccia bene in carne ma non grasse. La donna porta degli occhiali antiquati e i capelli corti, pettinati all’indietro, e quindi schiacciati, in alto e gonfi di riccioli sulle tempie e le orecchie. Dimostra una cinquantina d’anni portati male e sorride esibendo una dentatura imperfetta. Dà l’impressione di essere un po’ ebete. Forse è ospite di qualche casa di cura portata in gita al santuario. Assomiglia a mia madre. Cioè le assomiglierebbe se fosse più curata e elegante, con gli occhiali giusti, i denti a posto e qualche chilo in meno. Non le assomiglia affatto quindi, eppure è come avrebbe potuto essere mia madre se fosse stata nelle sue condizioni. Ha un’aria di famiglia, e forse la cartolina è stata acquistata e conservata per questo. Non vedo altra ragione plausibile.

Nessun commento:

Posta un commento