20/05/25

I miei demoni oggi hanno deciso di non seguirmi

 


I miei demoni oggi hanno deciso di non seguirmi. Quando mi sono preparato per uscire mi hanno detto che preferivano restare a casa. Non ho insistito. E’ gente tranquilla ma ostinata. Facciano quel che gli pare, io esco. Più che cani infernali, sono animali da compagnia e non sempre apprezzano che io scelga di evitare i luoghi affollati e inoltrarmi lungo stradine e in boschi dove se si incontra qualcuno è come me, che finge di non vedermi e si volta dall’altra parte. A loro invece non dispiacerebbe, ogni tanto, fare conversazione con i loro simili, scambiarsi osservazioni e esperienze sui relativi padroni, chiamiamoli così, perché più che tenerli prigionieri e fargli fare quello che vogliono loro, spesso sono loro che li chiudono nelle loro segrete e li obbligano a giacere lì, in quelle celle buie e umide, loro abituati al fulgore rovente delle fiamme. Gli è stato assegnato un compito ingrato e se la devono cavare come possono, con gli scarsi strumenti a loro disposizione, sottoposti a una doppia tirannia, quella di chi li ha inviati lì, per una paga scarsa o nulla, e quella del corpo repellente e capriccioso a cui sono stati assegnati. Uno ha un bel dire che un corpo è una robetta fragile e malleabile, facile da influenzare. Bisogna stare attenti, dosare le misure, le spinte, i metodi di invasione, perché se no si creano resistenze, o, peggio, si finisce per essere sconfitti da un eccesso di vittorie. Se l’invasione infatti è totale, il soggetto perde quel minimo di controllo che garantisce la partecipazione volontaria indispensabile e il conseguente senso di colpa e i bellissimi rimorsi. Si abbandona al loro governo, che non è certo illuminato, e declina ogni responsabilità. Fate voi e non rompete il cazzo. Per lavorare bene, hanno bisogno della sua collaborazione. E’ paradossale, ma preferiscono un eccesso di resistenza a una vittoria in tutti i campi. Ogni volta che ne rompono una il lavoro prende un senso, ogni metro conquistato è una soddisfazione. Vedere come questo esserucolo lotta e poi cede, e una volta sconfitto, si dibatte tra lo zuccherino che gli è stato concesso e il veleno che lo accompagnava, è uno stimolo anche per loro. Quelli che si vantano di facili vittorie sono degli stupidi, avventizi alle prime armi. Se li stanno ad ascoltare è solo per compiaciuta compassione, o per scambiare due parole se è da tanto che sono ridotti alla mia silenziosa compagnia. Io di solito faccio finta di niente, infatti, manco li sto ad ascoltare, o altrimenti la metto sul ridere. Non c’è niente che li fa imbufalire di più. Come mi permetto? Oppure cedo come se niente fosse, distratto e pronto a dimenticare subito. Ma preferisco non cedere, è chiaro. Dimenticare è fatica. Però ogni tanto lo faccio. Devo farlo, dargli questa soddisfazione, così li metto a cuccia per po’. Sono vanitosi. Credono di essere chissà chi. E invece non sono altro che manodopera generica, strumenti in mano a chissà chi, al di là delle gerarchie di cui non vedono il vertice, né se questo vertice è a sua volta manodopera di chissà chi altro, sia pure più specializzata. Speculazioni metafisiche che non gli interessano peraltro, impegnati come sono a sfangare le incombenze quotidiane. Qualche cedimento allora me lo concedo. E poi non è il caso che me la tiri troppo nemmeno io. Non sono così forte da non sentire pressioni e da superare ogni ostacolo. Mi barcameno. Sinceramente non do grande importanza alle proposte che mi sottopongono, ma alcune talvolta sono piacevoli, altre mi prendono di sorpresa e mi accorgo di averle seguite solo a cose fatte. Lì un po’ mi dispiace, mi pento, mi faccio qualche rimprovero. Ma in genere manco li sento. Però me li porto appresso abbastanza volentieri, in linea di massima. Se non mi vogliono seguire, peggio per loro. E che diavolo!, esco da solo.

 


1) Signorelli, Storie  dell'Anticristo (dett.

2) Rutilio Manetti, Tentazioni di Sant'Antonio Abate

 

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