16/03/24

Pigpen



Il bambino è sporco per natura. Chi gioca all’aperto, nei cortili, per strada, all’oratorio e nel bosco, come faceva il sottoscritto, è sempre sporco. Il bambino non ama lavarsi, se ne impipa delle sozzure, non avverte i miasmi, sguazza nel fango, sta bene solo lontano dal sapone. È certo questo che mi affascina in Pigpen. Mi piace anche il nome, che significa recinto (pen) dei maiali (pig), porcile, letamaio…, ma che in origine era scomposto in Pig e Pen separati e uniti da un trattino: un maialino che si rotola nella sporcizia e una penna, che sta per lo strumento della scrittura, o del disegno, che spesso nello sporco è intinto e, per me, per un nomignolo a cui sono affezionato. La debolezza si infiltra dappertutto.
Ma ciò che veramente mi ha sempre affascinato è la nuvola di polvere attorno alla testa, che gli dà quell’aria svagata, di chi non ha problemi a stare con gli altri ma nemmeno da solo, con i suoi giochi fatti di terra e di banalissimi oggetti trovati (sassi, legnetti, foglie) e le sue fantasticherie che lo accompagnano sempre. Sempre avvolto dai suoi pensieri, e quindi perennemente distratto. Perso in sé e poco comprensibile agli altri..
Pigpen porta in giro senza problemi, e direi addirittura spensieratamente, la stessa polvere da cui, al pari di tutti, come ci ricorda premurosamente la Bibbia, proviene e a cui tornerà. A volte ne ha il sospetto, ma ci scherza sopra (ma intanto lo dichiara). A Charlie Brown che gli chiede perché si lava così poco, risponde: "Ho addosso la polvere dei secoli: chi sono io per profanare il passato?". Lui, al contrario del perfetto asceta depresso, non ha bisogno di particolari penitenze e meditazioni per ricordarselo, non se ne dimentica un istante, ci convive pacificamente e questo gli conferisce la serenità che lo caratterizza, almeno ai miei occhi. È il bambino e al contempo un memento quia pulvis ecc. ambulante, ma inconsapevole di esserlo e per questo sottilmente efficace, perché non infastidisce con nessun moralismo. Incurante di se stesso, conciliato, incurante perché conciliato e viceversa, non provoca, porta in giro la propria mortalità con la leggerezza della polvere che gli aleggia intorno, sereno, senza patemi o paure, spensierato. Sono gli altri che si preoccupano per lui, che gli fanno notare, e a volte gli rimproverano, la sua sporcizia, e lui ogni tanto cede alle insistenze (è cortese, mai aggressivo, anche se un po’ casinista, fracassone: non a caso suona la batteria) e si lava, ma appena finito, trasformato in un bambino normale, irriconoscibile, il fango e lo sporco tornano in un attimo a rivestirlo, non come un involucro ma come la sua vera identità. È un attrattore istantaneo di sporcizia. Una potente “calamita per la polvere”. Dalla polvere viene, alla polvere va e con la polvere vive, e bene. Dov’è il problema? Giochiamo?

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