29/03/20

Tempesta (cap. 2)




Qui il cap. 1


Diego teneva il libro ancora in mano e il riflesso della lampadina che rimbalzava dalla pagina gli mostrava frammenti di un corpo scuro, nudo, non avrebbe potuto dire se bello o meno. I lampi fuori dalle finestre non lo aiutavano: la luce balenava in salotto senza superare gli angoli del corridoio e lui non osava completare l’ispezione servendosi apertamente della pila. Non aveva nemmeno il coraggio di parlare, se è per questo, e appena quello di respirare. Ma respirare è facile, non dipende da noi. Come essere vivi, fintanto che si respira almeno. Essere vivo è scontato, una volta che sei nato.
Non sapeva che fare. La ragazza si copriva il sesso invisibile e ricambiava il suo sguardo atterrito per ragioni diverse, in una supplica silenziosa. I sogni, quando si degnano di farlo, hanno il dubbio gusto di realizzarsi perlopiù in modo strampalato e ironico (ironia di cui nessuno sente il bisogno peraltro). Nel corridoio rimbombavano urla in una lingua incomprensibile, la cui sostanza però non lasciava dubbi. La ragazza le capiva entrambe, a lui bastava e avanzava la seconda e non aveva meno paura di lei. Eccotela qui la tempesta interiore che agognavi, pistola!
La tempesta di fuori intanto imperversava come se niente fosse. Se ne fregano, gli elementi! Si sbizzarriscono come gli pare e, quando sono stufi, se ne vanno senza salutare. In collegio dovrebbero sbatterli! E bacchettate! Altro che capirli, poverini, che hanno sacrosanti diritti loro pure! Te li do io i diritti! Solo danni sanno fare. Prima imparino a stare al loro posto, poi se ne parla (al limite). Mulinelli di varia entità sollevavano oggetti di entità adeguata e li trasportavano finché non si sfracellavano contro qualche barriera con violenza di entità corrispondente, calibrata al millesimo. Naturale! Foglie, a mucchi, si dimenavano con movenze rituali, inefficaci però. Rami spezzati, in preda a una pazzia solitaria, rotolavano per le strade finché non trovavano il sollievo di qualche compagnia, di nuovi, precari intrecci. La famiglia aiuta nelle disgrazie. Quando non le provoca.
Gli alberi che avevano resistito alle stragi delle precedenti amministrazioni finalmente si concedevano il lusso di cadere spossati, con traiettorie sgraziate. Chi l’avrebbe mai detto? Avrei scommesso sulla loro eleganza. Il livello dell’acqua cresceva fino ad allagare il piano terra di tutti gli edifici, tranne le villette costruite quando andavano di moda i rialzi del terreno, quelle montagnette artificiali che le fanno sembrare tanti stronzi su un piatto di spaghetti al pesto. L’utilità del brutto! La rivincita della merda. Per fortuna i giardini erano tutti devastati, le beole dei vialetti sollevate, a mollo le cantine arredate di tutto punto! Adesso saranno costretti a vivere in casa, i poveretti! A usarla, sporcarla, consumare il mobilio, intaccare il velluto delle sedie, lasciare ditate sui cristalli, l’impronta dei loro culi sulle poltrone cellofanate, schizzi di urina sul water, peli sulle saponette, virgole di unto sul lavandino, capelli un po’ ovunque, e ovunque il loro odore! Come quello della ragazza. Accidenti se suda! E chi non suderebbe al suo posto? Ma è un odore talmente buono!, si ritrova a pensare Diego. Chissà se anche il suo lo sarebbe per lei? La domanda è pertinente.
Sente pugni contro la porta, dalla quale finalmente la ragazza si sposta, prima che a qualcuno venga la bella idea di spararci contro. Comunque è blindata e non si può aprire dal di fuori senza la chiave. Costretta a uscire dall’immobilità, la poveretta prende a tremare, a singhiozzare in silenzio in un crescendo di agitazione che sbocca in conati di vomito dapprima a vuoto e infine in un fiotto che si sparge sul marmo gelato del pavimento. Solo allora Diego si precipita a cercare qualcosa per coprirla. Ha la sindrome del ritardo. Mentre le getta un accappatoio sul corpo accucciato e sobbalzante, la ragazza riprende a singhiozzare. Poi il pianto si affievolisce e lui sente una voce incerta che gli chiede scusa. Non la ascolta e va a prendere uno straccio.
Lo straccio in mano si avvicina alla ragazza, che ora piange sommessamente, con la sordina, il respiro più regolare. Si inginocchia davanti a lei per pulire, e lei lo scruta con occhi sbarrati. Forse prima di pulire (ma perché diavolo gli salta in testa di pulire in un frangente del genere?), sarebbe meglio dare un’occhiata al vomito. Non si sa mai: per capire che intrugli avevano fatto ingurgitare alla poveretta. L’emissione è di consistenza in gran parte liquida, di colore biancastro con striature verdognole e ocra (o rossobruno: impossibile essere precisi al quasibuio). Alcuni grumi scuri (marrone? verde carico? neri?) la punteggiano di segni arcani, che Diego omette di decifrare però. (Non ha tempo; confonde le priorità; trascura i dettagli; sovverte le gerarchie: niente male per uno che si offende se qualcuno non apprezza la sua intelligenza.) La macchia tondeggiante ha un diametro di circa quaranta centimetri, con alcune appendici a forma di goccia allungata disseminate fuori dai bordi, a formare una corona che si protende verso il pulitore, che quindi comincia da essa, indifferente all’implicito omaggio (io non lo sarei stato: certe cose le noto subito io). Alcune però le ha già asciugate con i pantaloni. Peccato: trattasi infatti di un capo di buona marca, ben tagliato e costoso, anche se il lino tende a sformarsi in modo sgraziato e a dare sempre un’impressione di sciatteria.
Impegnato nella pulizia, si accorge con un attimo di ritardo (è un vizio!) che la ragazza si è alzata di scatto e si è fiondata verso la finestra che cerca di spalancare con la probabile intenzione di uscirne, o di gettarsi, data l’altezza. Altre ipotesi al momento non mi vengono. La forza del vento, che affluisce come se avesse atteso solo quello per sfogarsi in un colpo solo, la respinge quel tanto che permette a Diego di bloccarla. Di impedire il salto fatale! L’uragano si prende le sue vendette sul mobilio e mette la casa a scompiglio. Le sputa addosso tutto il suo disprezzo. Complimenti! La pioggia lava pareti e tessuti, spazza il pavimento che non ne aveva alcun bisogno (l’ordine innanzitutto!), si insinua negli angoli trascurati, lucida pannelli laccati e il megaschermo al plasma. Giornali volano, soprammobili cadono, vasi e sedie si rovesciano, quadri si staccano, libri ansiosi di essere letti si aprono alle pagine da loro preferite e si autosfogliano a grande velocità contenti di finalmente respirare, ante mal accostate si spalancano e si chiudono con ritmo asincrono, come un applauso all’impresa gloriosa.
Diego allora abbandona la sua preda, che se ne resta immobile nella postura presuicida (plastica), e, a fatica, chiude la finestra; quindi accompagna all’angolo meno fradicio del divano la ragazza e, parlandole con tono rassicurante, le cinge le spalle nel frattempo non più coperte dall’accappatoio caduto nella corsa. Non appena il tatto percepisce che è di nuovo nuda, Diego schizza all’indietro come colpito da una scarica elettrica (ma con una leggera erezione), recupera l’accappatoio e la copre. Le chiede come si chiama in italiano, francese e inglese (tedesco no, chissà perché). Le parla (presupponendola essere dotato di senno), usa frasi semplici e chiare (meglio non dare troppo per scontato) e cerca di calmarla con voce suadente. Se non capisce le parole, almeno il tono, spera. Incautamente le promette di aiutarla. Ci pensa lui a proteggerla, il valentuomo! E perché no? Chi lo dice che non è in grado? Mica ha paura di quei selvaggi, violenti sì ma sempliciotti. Viene da una cultura millenaria, lui! E’ un uomo fatto e finito, atletico, e ha fatto ottimi studi! A qualcosa sarà pur servito! Spuntano da ogni angolo risorse che non immaginava di possedere, virtù ataviche, forza sovrumana, astuzia e coraggio. I muscoli frolli si gonfiano per rigenerazione spontanea, un decreto interiore con efficacia immediata potenzia la capacità anaerobica, recupera dalla soffitta filogenetica vista notturna e altre cianfrusaglie strumentali accantonate frettolosamente dall’evoluzione. Conoscenze, strategie e mezzi ne possiede già di suo. Tranquilla dolcezza, che ci penso io!
La ragazza sembra riprendersi dalla catatonia in cui era piombata dopo il balzo interrotto (scommetto però che se avesse davvero voluto ce l’avrebbe fatta a gettarsi nel vuoto: le donne sono specializzate in tentativi di suicidio falliti) e prende a mugolare come un vitellino di razza pregiata olandese (quelli con la carne più squisita). Diego si fa forza e torna ad abbracciarla, ad accarezzarla come si fa con i bambini (solo i capelli però) e a parlarle dolcemente (torna anche l’erezione). Dal mugolio pian piano affiora una voce gutturale che tenta di articolare suoni provvisti di significato: dapprima frammenti, poi singoli lemmi, e infine, mentre anche la voce si schiarisce e acquista toni più umani, e si direbbe quasi vellutati (l’erezione campeggia con inedito vigore), si disegnano simulacri di frasi che vengono intramezzate da brevi frasi compiute (frasi compiute!) in francese. Tu comprends? Oui, je comprends, risponde Diego compassato (con l’erezione a mille). La ragazza (la gazzella nera!) gli dice che lo ringrazia ma che non può restare un minuto di più. Che non lo vuole mettere nei pasticci. Che adesso che tutto tace dans le couloir (dans che cosa?), è meglio che lei se ne vada.
Ma dove vuoi andare, benedetta, con questa tempesta e niente addosso? E poi quelli saranno di sicuro in agguato (come diavolo si dice in agguato in francese?), in attesa (ecco, meglio). No, no, devo andare, insiste lei. E invece tu stai qui tranquilla, ribatte Diego; e per prima cosa ti copri. Adesso ti calmi un po’ e fai la brava che vado a prenderti qualcosa da indossare (l’erezione non condivide la proposta ma si adegua). Cerca la pila, la stacca dal libro appoggiato per terra nei pressi del vomito, e va in camera a prendere un paio dei suoi jeans e una maglietta di quelle che gli vanno larghe (la pupa ha seni mica da ridere; e sodi!: senza volerlo nel bloccarla li ha sentiti. Se ne è trovato uno in mano! L’erezione riprende vigore.).
Al ritorno la porta è spalancata e la ragazza non c’è più. Nemmeno l’accappatoio. E nemmeno il pullover che stava sull’attaccapanni dell’ingresso: un bell’oggettino di cotone, da infilare velocemente la sera quando rinfresca. Un raro regalo della sua ex fidanzata. Della penultima, per la precisione. Poco rimpianta peraltro.
Al contrario dei suoi colleghi (tutti, nessuno escluso), Diego non era bello né affascinante, ma non poteva neanche vantarsi di essere particolarmente brutto, magari uno di quei brutti ma brutti che poi le donne trovano oltremodo interessanti: ma una donna che non trovi qualcuno interessante non è ancora nata, se è per questo, ed è appunto di questo che lui aveva ragione di lamentarsi per ognuna che tale lo trovava. Non molte ma nemmeno poche (che tristezza!).
In corridoio (ecco cos’era il couloir!) non c’è nessuno. Silenzio tombale, porte sprangate, non una luce che filtra (per forza, c’è ancora il blackout) o un soffio di vento dagli infissi, davvero di ottima qualità. Ci mancherebbe altro, con quello che costano gli appartamenti! Palazzo con finiture signorili: primo lavoro importante di un giovane architetto che ha poi sovrinteso personalmente alla costruzione perché non ci fosse una virgola fuori posto: l’idea era di mostrarlo ai futuri clienti come simbolo della serietà del suo progetto e del lavoro della ditta edile (di proprietà del suocero), e così è stato. Ma chi se ne frega degli infissi! La ragazza dove è finita? Mica può essere sparita! Che sia scesa al buio e abbia affrontato la tempesta piuttosto che ricadere nelle sgrinfie dei suoi amici? O invece, rassegnata, e per non creare guai al suo salvatore, resasi conto delle scarsissime possibilità di fuga, è ritornata volontariamente dai suoi aguzzini, magari supplicando il perdono e pronta a fare qualsiasi cosa le avessero chiesto? O con gli aguzzini si è instaurato uno di quei torbidi legami di cui ogni tanto si legge? Da questa gente balzana ci si può aspettare di tutto, ma questo sarebbe davvero troppo. Eppure il masochismo umano è un abisso senza fondo, riflette Diego, che ha masticato un po’ di filosofia (ma è piuttosto digiuno di buona letteratura, come è facile capire).
Ma io ti cercherò lo stesso. Io ti salverò.

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