21/02/23

Ottone Rosai, Uomo che scrive


Torno brevemente sul (ecco, vedi che ho ceduto?) sul disegno di Ottone Rosai, "Uomo che scrive" che illustava il post di ieri*. Una figura di schiena intenta a scrivere (forse: lo dice il titolo, lo suggerisce la postura, ma niente lo garantisce davvero se non appunto il titolo, che può comunque sviare, e spesso lo fa). Niente volto, niente individualità. L'uomo è ripiegato su se stesso, concentrato solo su ciò che sta facendo, separato da tutto, nessuna cosa che possa distrarlo, uno sgabello elementare, un tavolo con una semplice tovaglia, un muro spoglio, chiuso al mondo perché il mondo possa entrare in ciò che sta scrivendo. Perché l'invisibile che si agita attorno a lui e lo avvolge trovi una via per diventare visibile pur conservando la sua parte di invisibilità, una forma che non lo imprigioni ma anzi permetta di accedervi.

 

 *

Non so, posso fare benissimo a meno di scrivere, ma non dell'idea di scrivere.
Poi, ogni tanto, cedo.

 

15/02/23

Due dal treno e due sul treno



Due

E quella gente che nella terra di nessuno tra i binari e la recinzione, proprio a ridosso della massicciata, ha ritagliato piccoli rettangoli per fare l'orto. Ne ho visti un po', alla periferia di Milano, isolati o che formano una lunga striscia continua, con pochissimi divisori, tutti abusivi presumo; in uno, due giovani con la maglietta bianca, che sembravano stranieri, balcanici, erano affaccendati attorno a un riquadro: tranquilli, scambiandosi una parola ogni tanto, zappavano e ripulivano il terreno da erbacce e sassi con gesti misurati, delicati (ho pensato), in questo pomeriggio di domenica di fine primavera.

 


... e una

La ragazza, molto più vicina ai trenta che ai venti, anche se sospetto che lei voglia far credere il contrario, è abbigliata da dark, con catenine e braccialetti con teschi, un fiore nero di stoffa sul gilet nero, al collo un foulard a motivi neri e grigi, grossi occhiali scuri, brillantino al naso, piccolo piccolo, ma senza altri piercing e con i capelli in disordine organizzato e pulitissimo, e legge si direbbe con passione un libro di cui, nello spiraglio tra gli schienali, vedo solo la quarta di copertina, dove a poco a poco, grazie ai caratteri piuttosto grandi, riesco a decifrare: "Che cos'è la felicità?". Risposta (a capo, a caratteri appena minori): "Una casa, con dentro le persone che ami". Il libro, scopro dopo lungo sbirciare, si intitola: Amore, zucchero e cannella. Tutta roba che fa male.

Dopo qualche stazione, però, interrompe la lettura per parlare con il dirimpettaio, salito già da un bel pezzo, e mostra un bel sorriso, con gli occhi che brillano dietro le lenti scure. Non so se li vedo davvero o li immagino. Ma non fatico a immaginarli.

(Quando ha tolto gli occhiali, però, non erano così. Assomigliavano al libro.)

 

...e due

L'uomo ha esplorato per tutti i quaranta minuti del viaggio il depliant di un supermercato, che in prossimità della destinazione ha ripiegato con cura e riposto nel borsello. Mi chiedo che storie leggesse in tutte le immagini dei prodotti (frutta e verdura in offerta, tagli di carne, surgelati, tovaglioli, lampadine, arredo da giardino in vari colori, lampadine, calzini corti e lunghi, bermuda, smartphone, televisori, piccoli e grandi elettrodomestici: tutto in 8 pagine) e nei loro prezzi. Che poemi, e di che tipo: epici, allegorici, avventurosi, o racconti, memorie, miti, rivendicazioni, nostalgie e utopie. In attesa della stazione, ha raddrizzato le spalle, si è appoggiato allo schienale e ha intrecciato le mani sulle cosce, come per pregare. Se ne sta rigido, a busto eretto, guardando fisso in avanti, almeno come direzione della testa, perché gli occhiali da sole nascondono lo sguardo, anche se non riescono a impedire che l'espressione complessiva del volto sembri stolida, ottusa. Forse è proprio l'assenza di sguardo a dargli quell'aria.

(O forse sta guardando me e pensa: per tutti i quaranta minuti del viaggio l'uomo ha letto un dattiloscritto, sottolineandolo e prendendo appunti, come ora, e solo ogni tanto guardando nella mia direzione, come a scrutare cosa facevo: ragion per cui ho continuato a sfogliare questo insulso volantino e poi l'ho ripiegato e messo nel borsello, per vedere come reagiva quel suo sguardo curioso ma non molto intelligente che continuo a scrutare ora, con espressione impassibile, da dietro questi occhiali da sole che altrimenti mi sarei già tolto da tempo, tanto più che siamo entrati nel sottosuolo.)