21/02/15

Il lanzichenecco e la Morte di Dürer





L'incisione Il lanzichenecco e la Morte di Dürer, del 1510, per certi versi sembra proprio una tavola di fumetto, e forse lo è: c'è persino l'osso che nei cartoni animati viene gettato ai cani, o spunta qua e là in Jacovitti (magari l'ha copiato da qui: i disegnatori di fumetti sono molto più colti di quanto pensano gli sciocchi alcuni perlomeno; del resto è ormai una frase fatta dire che i grandi cicli di affreschi erano i fumetti del passato). Però ci sono alcune cose che segnalano, senza ombra di dubbio, il grande artista: la mano della Morte che tocca il braccio del soldato come a richiamarne l'attenzione, e la testa e le spalle di questi che si piegano impercettibilmente in avanti, con il peso del corpo bilanciato dall'inclinazione opposta dell'alabarda, che il soldato regge meno di quanto vi si appoggi.


È un gesto che non si nota subito: dapprima l'attenzione va alle due figure prese nell'insieme, poi al gesto più evidente, quello dell'ostensione della clessidra, che i due personaggi fissano con espressione beffarda la prima (per l'occasione la morte non è puro scheletro ma conserva gli occhi, oltre ai capelli e alle sopracciglia, che ne accentuano la malignità), sgomento l'altro, tra l'inebetito e l'impaurito.

Solo dopo si nota la mano che fuoriesce dal mantello sbrindellato, inciso con tratteggio fitto tanto da creare una macchia nera nella parte più interna, come se fosse il centro buio dell'incisione, il vortice nero che sta per risucchiare ogni cosa, e va a sfiorare la manica del soldato, quasi confondendosi con le sue pieghe. È un gesto che conosciamo tutti, per averlo fatto tante volte, consciamente o meno, e più per averlo subito, spesso con disagio, da persone particolarmente fastidiose. (E pensare che può anche essere un gesto di grande dolcezza, il contatto dell'intimità: la mano che va, con naturalezza, leggera, all'avambraccio della persona amata, che ne avverte appena la pressione ma ne riceve comunque tutto il calore, la felicità profonda della confidenza, dell'abbandono.) Di solito però serve a richiamare l'attenzione, pretende l'adesione a ciò che viene enunciato, alla sua verità, ma soprattutto equivale a una presa di possesso: ne proclama l'intenzione; ne è già l'inizio.  Come se la Morte dicesse, qui, al lanzichenecco, che non può pensare di sfuggirle; che, per quanto il tempo non sia prossimo, a giudicare dalla sabbia ancora presente nella parte alta della clessidra, è già, e per sempre, preso.

Solo allora, dopo che il mio sguardo si è in questo modo esercitato a  focalizzare meglio i dettagli, all'improvviso io vedo, sul polpaccio destro della Morte a metà scarnificato, il ricciolo di carne che sporge, cadendo all'ingiù. Rabbrividisco, e forse solo allora capisco.

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