06/05/15

Nota a margine di "Diario del lutto" di Roland Barthes





Persino Barthes cade nello stereotipo, non di pensare ogni tanto (quello è scontato: "naturale"), ma di scrivere: "la vita stupida continua" e che le cose gli appaiono vuote e senza senso, e la gente "mortale", mentre lei, povera sciocca!, non lo sa ecc.
Sono cose che dovrebbero renderlo più vicino, "umano"... ma, non so perché, non riesco a commuovermi, a provare empatia. Ma forse è solo perché quando una cosa è scritta, è la scrittura che conta, non l'esistenza a cui rimanda o da cui sgorga, e la scrittura non tollera le banalità, anche se queste sono solo scritture private, stenografie per sé... e però, quando sei B. o non le scrivi o le bruci appena scritte, perché lo sai che poi gli sciacalli, con la scusa di conoscerti meglio ecc., le pubblicano. Perché qui sta il problema: l'errore è stato pubblicarle.
(E le pubblichiamo anche noi. E non dubito che i lettori apprezzeranno e si commuoveranno. Io no, né l'una né l'altra cosa. Così sia.)


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