29/03/17

L'io lazzarone



“Quando mi raccontano una storia, mi piace sapere chi me la racconta", scrive E. Carrère. "È per questo che mi piacciono in racconti i prima persona, e io stesso ne scrivo, e non sarei capace di scrivere niente in un altro modo.” (147-8). Una delle "domande rituali" del '68 era: ""Da dove parli, tu?". Io la trovo sempre pertinente".
Anche a Paolo Nori, per esempio, quando legge i romanzi in terza persona “viene da chieder(si): Ma dove sta questo qui che parla? Da dove viene questa voce qui?”. E me lo chiedo anch’io, qualche volta. Anche se io, piuttosto, sperando di non essere il solo, me lo chiedo quando scrivo. Cioè: “da dove viene questa voce che dice io? non potrei farne a meno? chi diavolo è questo io che dice io in ciò che scrive, magari solo perché non si sente autorizzato a parlare a nome di nessun altro? E se non si sente autorizzato a parlare a nome di nessuno, da dove gli verrà mai l’autorizzazione a dire io? da chi?” Secondo me non gli viene da nessuno. Dire io è come se a parlare non fosse nessuno; come se parlasse una voce che non è nessuno (o tutti). Solo che è più comodo. Quindi sarebbe che dico io perché sono un lazzarone. Che chiunque dice io, in fondo non è altro che un lazzarone.

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