02/08/20

Libri pazienti (Appunti per niente 17)



a)
Pensavo poco fa, leggendo un libro che mi sono finalmente deciso a leggere dopo oltre 30’anni che l’ho comprato, che a volte ci si tiene lontani da certi libri come se si avvertisse l’oscuro presentimento, che sfiora una ancor più oscura certezza, che ci faranno del male, un male che non siamo in grado di sopportare... che ci distruggeranno.
Per anni ogni tanto li si prende in mano, li si maneggia con circospezione, li si sfoglia senza leggerli e li si mette velocemente al loro posto su uno scaffale ben visibile, ad altezza d’occhi, da dove ti fanno segno, ti chiamano, ti rimproverano e emettono giudizi silenziosi, inappellabili, che non vuoi sentire. Poi un giorno, non si sa perché, si comincia a sfogliarli, a leggiucchiare le prime righe, e si continua senza resistenze, né rimpianti, fino alla fine. E le parole sono perfette, esattamente quelle di cui avevamo bisogno per sentirci più forti e continuare a vivere.
Altri invece resteranno intoccati per sempre. Con solo un piccolo rammarico. Per noi stessi, non per loro. La loro funzione è assolta anche così, come creatori, e custodi, del rammarico.

b)
Ma nello stesso momento la grandezza che custodivano e ce ne aveva tenuti a distanza, viene sminuita, se non negata, dal nostro contatto. Dal fatto che, in qualche modo, ci serve. Eppure proprio questo loro mettersi al nostro servizio, o meglio: questo non rifiutarsi a una posizione servile, questo non sottrarsi all’abbassamento, è un segno ulteriore, e forse il sigillo, della loro grandezza.

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