23/08/22

Tiziano, Resurrezione (1545)


Di primo acchito vedo solo le piante dei piedi poggiate su niente. Sembra su una nube e invece no. Il pavimento trasparente ipotizzato da chi mi ha appena mandato la foto, lo mettiamo noi, quasi per moto spontaneo, per leggere l’immagine, per non perdere l’equilibrio e farci risucchiare dalla vertigine; invece lì non c’è niente. Una propulsione interna, una forza invisibile spinge il corpo verso l'alto, potente, come dimostrano i panneggi e la bandiera svolazzanti. E poi è interessante che dei quattro soldati due siano svegli certamente da poco, mentre il terzo porta un braccio sugli occhi come per scacciare, per difendersi dalla luce che ha appena interrotto il suo sonno; mentre il quarto dorme ancora pesantemente: testimoni sconvolti da ciò che è appena accaduto, forse svegliati dalla lastra tombale ribaltata con violenza, pesante com'è, distante dal sepolcro, dalla stessa forza irresistibile che spinge verso l'alto il Risorto, che non rinuncia, da parte sua, a un gesto un po' teatrale, che si direbbe di benedizione, e invece indica l'Alto dei Cieli, la fonte e la meta di tutto, a cui Lui appartiene e che sta per raggiungere ora che la sua avventura terrena è finita. Dietro l'aurora comincia a inondare di rosa l'orizzonte, mentre il Cristo, levato, è in piena luce, che però si direbbe emanare da lui, perché il sole è alle sue spalle, non ancora visibile… Il mondo è ancora in penombra. Chissà se accoglierà quella luce, che l’asta e lo stendardo affermano sicura vincitrice. Tiziano non ne dubita. Ma noi siamo incerti. Dopo 2000 anni dall’evento, dopo 500 dall’opera (uno stendardo, a sua volta), siamo ancora qui, come i soldati: quasi brandendo un’arma a difesa come quello sulla destra; o proteggendoci dalla luce abbagliante comparsa all’improvviso, come quello che gli è accanto; o cercando di guardarla, come la figura di schiena sulla sinistra, che rappresenta lo spettatore e forse gli suggerisce come comportarsi: di non distogliere lo sguardo; ovvero continuando a dormire imperterriti come il quarto, quello al centro steso a terra, forse per aver bevuto troppo, o caduti nel sonno dopo un lungo turno di guardia, o per aver vegliato in attesa di chissà che, che non è arrivato; o è arrivato quando ormai non eravamo più pronti ad accoglierlo; o è arrivato per altri, per tutti, ma non per noi.

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