03/03/23

Le ragazze del bagnino


 

Mentre mi faccio massaggiare piedi e polpacci dalle poche onde che, sfinite, riescono a raggiungere il bagnasciuga, mi lascio incantare dal teatrino delle svampite che si conquistano il periodico privilegio di installarsi coi propri lettini accanto alla postazione del bagnino, assurgendo in tal modo, ai propri occhi e solo a quelli, a protagoniste indiscusse della vita della spiaggia. Hanno, nel cerchio magico del privilegio, movenze fluide, di superiore naturalezza, e al contempo affettate, in perenne posa; combinano sprezzatura e autocontrollo, come se tutti, in ogni istante, non facessero che osservare solo loro (come faccio io, del resto), attente a ogni movimento, a ogni gesto o postura, che esse assumono con nonchalance, convinte di essere i modelli di tutti i poveracci e le poverine che ne sono esclusi. Quando, a tratti, si dimenticano, sono fulgide. La loro momentanea fragilità emette luce. 

In genere sono ragazze modeste, con qualche tratto carino o specioso (una figura snella in un serraglio di ippopotami, un bel culo o due tette sode nel generale debordamento di carni e vene varicose, un viso regolare o solo la pura e semplice giovinezza nel trionfo del disfacimento tipico della tarda stagione balneare), comunque bellezze di seconda o di terza categoria, quasi certamente di ceto modesto e di pretese nulle. Vivono una loro quindicinale apoteosi, uno dei rari climax che saranno loro concessi da una vita che si sta già apprestando a respingerle tra le file sempre più interne degli ombrelloni, dove sto anch’io, dove si confonderanno con le altre smagliature, culottes de cheval, doppi menti, triple balze e mocciosi ipercinetici e frignanti che assomiglieranno indefettibilmente ai loro mariti o ai coniugi dei loro figli. Ma allora avranno dimenticato tutto. Forse.

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