22/05/14

"Bambina accanto al seggiolone" di Govert Flink e, di passaggio, altri bambini






e c'era questo ritratto di Bambina accanto al seggiolone di Govert Flink, del 1640, che senza andare a pescare tra i Bambin Gesù o Giovannini vari, e nemmeno tra i Bronzino e i Velasquez o altri bambini olandesi da soli o in quadri di famiglia come quello di Pieter Fransz de Grebber di Lisbona di cui ho già parlato, o anche da soli, come certi Franz Hals o Judith Leyster, mi ha ricordato, oltre al magnifico Ritratto di una bambina della famiglia Redetti (1566-70 ca) di G.B. Moroni dell'Accademia Carrara di Bergamo con un'associazione del tutto personale e non fondata su parentele iconografiche di rilievo, se non per opposizione per quanto può essere bella, e infantile, non signorina né vecchina, una bambina anche in gran tenuta con abitino di broccato, gorgiera e maniche candide di seta o mussola, ma i capelli liberi, con sopra un nastro e un gioiellino delicato che riprende sia gli orecchini e la collana di perle che il discreto braccialettino di corallo al polso destro, mi ha ricordato, dicevo, il Bambino giacente nella culla (158) di Lavinia Fontana che mi aveva colpito anni fa alla Pinacoteca di Bologna, chiuso nelle fasce come tanti bambini di quando ero piccolo anch'io e forse, per un po', io stesso, rigido come un morto (come il Lazzaro stretto nelle sue bende funebri di Giotto agli Scrovegni) con quegli occhi spalancati in quella che sembra meno una culla che un catafalco, e quell'altro bimbo, sveglio e dalle guanciotte rubizze, nella bellissima Merlettaia di Nicolas Maes (1656-7), al Metropolitan, saldamente in piedi nel gabbiotto del seggiolone, con quella splendida ciotola smaltata di bianco e il cucchiaio per la pappa e un bicchiere rovesciato a terra sull'impiantito di assi, che tiene in mano un oggetto che assomiglia al sonaglio appeso al collo della bambina di Flink, che la lunga veste bianca sembra invece far levitare sopra il pavimento in piastrelle grigie lustrissimo (con quella mania dell'ordine e della pulizia che tanto colpiva i visitatori stranieri dell'Olanda del tempo, specie i Francesi che quanto a igiene e pulizia della persona e degli ambienti lasciavano parecchio a desiderare - come, sia detto en passant, certi alberghetti a Parigi dove soggiornavo quando ero giovane che, se avevano il vantaggio di essere in centro e costare poco, non avrebbero però superato una visita dell'Asl manco se fossero stati dei canili municipali), racchiusa negli strati dell'abitino con la sua giacchetta e mantellina come in un morbido scafandro, inclusa quella cuffia da beghina che nemmeno la ghirlanda di fiori riesce a ingentilire, e bardata, come certe Marie Bambine nelle processioni paesane, di collane e braccialetti d'oro, come dorati sono il lungo nastro a cui è appeso il sonaglio (d'ottone?)  e il tessuto della borsetta da sera che tiene al braccio destro, mentre l'altro si appoggia al seggiolone aperto che sembra una scultura con baldacchino, sul cui piano ci sono dei dolcetti di zucchero a sottolineare, non bastasse il resto, la ricchezza e la cura e l'affetto di cui viene fatta oggetto, póra s'ciàta, monumentalizzata dalla postura e dallo sfondo scuro da cui emergono, come apparizioni di incerti fantasmi, tracce biancastre, ectoplasmi forse di abiti o tende o chissà che, tanto che lei stessa appare, a un primo sguardo, una vecchina presaga della morte, tristissima, mentre invece, a uno sguardo più ravvicinato dopo essersi fatti strada tra la ressa, il suo volto da bambina risalta in tutta la sua vivezza, con le guance lei pure rubizze, anche troppo, quasi un sospetto di malattia polmonare, o viceversa un indicatore di buonissima salute, gli occhi grandi, spalancati, forse un po' intimiditi, o con un velo di stanchezza per la postura e l'immobilità a cui almeno per un po' sarà stata costretta, ma vivace, dolce, da far tenerezza anche a un cuore  prosaico, smagato come il mio.

Nessun commento:

Posta un commento