17/08/14

L'epopea dei lumaconi continua!





Quest'anno i lumaconi  se ne sono stati acquattati da qualche parte a spassarsela molto più a lungo del solito. Hanno scoperto la clandestinità. Quella unilaterale, con nessuno che ti cerca, ma è eccitante lo stesso. 
Il primissimo l'ho visto attorno al 20 di agosto, non ancora sulla strada. Era nell'erba sul bordo destro dell'asfalto, appena dopo il ponticello, quello che si distende in una specie di brughiera, come in prudente esplorazione. Era bello grosso. Un capopopolo. Si era inerpicato su uno stelo, che contro ogni probabilità era rimasto ritto. Un eroe della verticalità.
Il giorno dopo ha raggiunto l'asfalto, forse per dare il buon esempio, per far coraggio, come un'avanguardia della buona morte...

(E dài, questa dei lumaconi è una fissazione! Il fatto è che guardo per terra mentre cammino, ho la testa china, che uno a vedermi così ingobbito potrebbe prendermi per uno depresso, ...o un pensatore, che è quasi lo stesso, - segnalo i due endecasillabi in rima baciata -, e invece è solo per evitare di inciampare ...o urtare qualche pietra, dato che a volte strascico i piedi... Andiamo avanti:) 

Oggi, c'era quest'altro lumacone, l'unico sull'asfalto della rampa verso T., lui pure bello grosso, allungato in parallelo al ciglio erboso della strada, ancora di un bel rosso acceso, con le antenne ritte e il capo levato verso l'imbocco della discesa, da dove si gettano festosi i ciclisti in una brevissima ma euforica picchiata. Molti poi tornano a salire, per farsi la gamba, dicono loro, ma in realtà solo per rinnovare il giubilo della discesa a corpo morto, come bambini, come anch'io facevo da bambino, piegati sul manubrio, o a busto ritto, d'estate, per godere della frustata di aria fresca che piove dal tunnel alberato che la sovrasta.
"Com'è attento!", ho pensato.
Attento o in attesa? Come se lui sapesse dei ciclisti e guardasse in su, e scrutasse, per evitarli, o per gettarsi a perdifiato (nel perdifiato dei lumaconi) in mezzo alla strada , e poi vada come vada!

Al ritorno dalla passeggiata l'ho cercato con lo sguardo, e non c'era più. Ma qualche passo prima, più a monte, sul lato opposto della strada, ce n'era un altro (o lo stesso?), con la testa appena spiaccicata dalla ruota di qualche pedalatore ansimante, probabilmente sovrappeso, che calcava disperatamente i pedali contando i metri dalla miserabile vetta, al posto della quale c'era un'infiorescenza untuosa, biancastra, come una schiuma ancora in fermento. (Un dettaglio per i naturalisti: dopo un po' la schiuma si addensa in una specie di crema chantilly alla vaniglia, come quella dei bignè, ma meno appetitosa...)
"Il cervello!", ho pensato.
Ne avranno pur uno! Come se attribuire un cervello a quella specie sventurata fosse azzardato, un semplice corollario della pietà. (Anche a quella umana, se è per questo. Eppure...)
Poi, senza fotografarlo, come magari qualcuno avrebbe preferito, ho distolto lo sguardo, per non vomitare.
Ma un conato, ora che scrivo, non me lo toglie nessuno. Due!
Meglio smettere, va'!

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