09/07/21

Ricordi di copertura 12 - Il piccolo gagà e passo successivo


Attorno ai 14-17 anni ho avuto la mia fase gagà. I miei mi avevano fatto fare un abito a 3 pezzi su misura da Elia, il papà di Giuseppe, mi ero comprato un borsalino per l'inverno (vestito così sono andato per la prima volta a teatro da solo, al Piccolo, a Milano, a vedere il Marat-Sade di Peter Weiss), un calzolaio amico di mio papà mi ha fatto delle scarpe nere lisce, con fibbia, morbidissime, che anni dopo ho passato a mio nonno Mario perché, io che sfascio le scarpe dopo pochi mesi, ero stufo di metterle, così come un altro paio di tipo inglese, color rosso cuoio antico, comprate a un prezzo esagerato da Pompeo a Bergamo (taccio la reazione dei miei), finite pure loro ai piedi del mio nonno adorato, e questo mentre sentivo solo Rolling Stones, Animals, Bob Dylan e tutta la roba buona e cattiva di metà anni 60. Poi ho cominciato a vestirmi solo di blu, tanto che sembrava che portassi sempre gli stessi abiti e pullover e maglioni. Poi sono arrivati gli ultimi anni 60. Ero cambiato già prima, di fatto, e poco mi hanno cambiato quelli. Un po' sì, ma mica tanto. Certi miei amici molto, invece. Io leggevo, andavo al cinema, dirigevo cineforum, andavo a mostre, facevo piccoli viaggi, leggevo e leggevo, e un po' scrivevo. Come adesso.

Ma perché racconto queste cose? Perché ieri ho letto una cosa in cui si parlava di un calzolaio che disegnava, faceva e riparava le scarpe cantando canzoni anarchiche.

E ora per la sorpresa di vedere quanto poco sono cambiato.

Amen.

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