04/10/21

Il Kitsch (risposte non inviate a un questionario)

Un giorno un amico mi ha mandato un questionario; ho risposto che non avrei risposto. Poi, come sempre, qualche tempo dopo (due o tre minuti) mi è venuto l'inizio di una risposta da perfetto (e banalissimo: kitsch) bastian contrario e di getto ho scritto le risposte che non ho mai mandato e ho ritrovato per caso oggi. Le ho rilette e un po' sono divertenti, mentre un altro po' fanno solo ridere. Allora ho deciso di metterle qui.


Che cos’è il Kitsch? come potremmo definirlo? vira più verso il cattivo gusto (ossia un gusto differente che a noi non piace) o è semplicemente una mancanza di gusto (una indifferenza verso il gusto)?

Il kitsch non esiste. E’ semplicemente il giudizio che una cultura o un suo settore (il mio, che è intelligente e raffinato), danno dei prodotti, dei comportamenti e delle espressioni di un’altra cultura o di un altro settore (caratterizzato da gente rozza e stupida, che scimmiotta il mio modo di essere e di fare, o usa categorie del mio settore per giudicare, interpretare e godere delle manifestazioni del proprio, che sono manifestamente copie grossolane, combinazioni di scarti e vecchiume del mio, e altre secrezioni loro proprie di genere simile). L’idea è nata quando una classe deteneva un quasi monopolio della cosiddetta produzione culturale e il resto della società, che aveva rinunciato alla propria o si era lasciata convincere ad averne vergogna, ne condivideva i giudizi, pur senza comprenderli, o adattandoli, da veri poveracci, alle proprie possibilità economiche o di comprensione in base alle categorie da quella elaborate e da lei ricevute.

 

Si tratta di un fenomeno meramente estetico, o pseudo-estetico, o invade anche i territori dell’etica e della politica? Se sì, in che modo?

La domanda presuppone, come già la categoria, la definizione incontrovertibile e l’accettazione del sistema gerarchico che già si incarna nel termine stesso. Volendo la si può applicare ovunque e a qualunque cosa, comportamento o valore. L’importante è che sia io a tirare le fila, estetiche, etiche, politiche o sanitarie.

 

La cultura attuale, che erode sempre più l’idea di comunicazioni di massa che istituiscono le forme profonde della socialità, sembra aver superato l’opposizione fra masscult e midcult, come anche quella tra arti d’élite e arti popolari. Che ne è del Kitsch in questo quadro? trova ancora un suo posto? e quale?

Se le opposizioni sono state delegittimate fino alla scomparsa delle stesse differenze da esse istituite, perché il kitsch dovrebbe sottrarsi alla stessa sorte? Si tratta di distinzioni tattiche, usate alla bisogna e gettate non appena non servono più. Indifferenti, appunto. E come tali facilissime da ripescare. Mai morte perché mai nate, direbbe il residuo di snobismo che l’autoproclamatosi intelligente a volte si compiace di sfoggiare. Da perfetto idiota, pensano subito gli altri.

 

 

Spesso s’è detto che il K. va alla ricerca dell’effetto facile, dell’‘effettaccio’, sul pubblico dell’arte e, in generale, della cultura. L’emergere della cultura in rete, nei blog, nei social (nel bene come nel male) come sposta il problema?

C’è qualche differenza tra effetto e effettaccio, a parte il suffisso? La ricerca dell’effetto non è già volgare di per sé? Non è già l’effettaccio che ogni ricerca dell’effetto ha di mira sin da suo manifestarsi?

Perché prendersela con la cultura di rete? Ogni forma di comunicazione o tentativo di persuasione o seduzione è già una rete.

 

Altra classica definizione del K. è quella per la quale esso è una tecnica artistica, e comunicativa, che introduce frammenti d’arte alta per giustificare un’opera, invece, dalla facile, immediata ricezione. Una specie di citazionismo nascosto. Oggi Boldini è osannato come un artista, e da decenni il citazionismo è la regola. Tutto è diventato Kitsch?

Perché, Boldini non è un grande artista? 

 

 

I souvenir, i gadget, i portacenere con il Papa, i nani da giardino fanno oggi tanto chic: uno chic, sembra, condiviso dai più. Il K. è altrove?

Che bisogno ha di andare altrove? Lo chic è una delle forme del kitsch. E’ quella di coloro che se ne sentono esenti, perché pensano che una certa consapevolezza, la loro, sia già una patente di salvezza. Da cosa?

 

Queste palesi trasformazioni rispetto agli anni, per così dire, d’oro, del K. implicano un cambiamento nelle prassi artistiche, un cambiamento nelle nostre aspettative circa l’arte, i nostri gusti, i nostri valori? oppure quel che s’è sgretolato è l’idea stessa di un ‘nostro’, di un qualcosa che accomuni i soggetti implicati nel mondo dell’arte e della cultura?

Proprio così, a quanto pare.

 

Le migrazioni di massa, le diseguaglianze sociali, i disastri climatici e ambientali, i fondamentalismi religiosi e il terrorismo, i social network travalicano la quesitone del K. o lo assumono al loro interno?

Lo rendono obsoleto, eccetto in qualche libro o in certe serate o ambienti, dopo l’orgia o Striscia la notizia, è lo stesso, e solo per un po’. E poi basta, a consolazione, o desolazione, ottenuta.

 

Fara Gera d’Adda, 3 novembre 2019, or 17,38-18,05

 


 

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