10/06/23

Acqua ferma (mentre scrivevo, lo tsunami: 11 marzo 2011, quindi)


Anche l'acqua ferma ha i suoi vantaggi. Quella del canale oggi, per esempio. Senza la distrazione della corrente con le sue increspature e i piccoli gorghi, senza l'incanto della luce che brilla e si muove, balzano all'occhio altre cose. Dall'incanto del movimento a quello dell'immobilità. Incanto o imbambolamento, dipende. Balza all'occhio, più ancora dei riflessi delle sponde capovolte che pure sono più netti e hanno i contorni disegnati con precisione, la superficie in quanto tale, come superficie specchiante e insieme piano di sostegno, spazio su cui si distribuisce e dà testimonianza tutto ciò che galleggia. Il pelo dell'acqua. La pelle. Se poi l'acqua non è troppo torbida, si scorge meglio anche il fondo, con la vita elementare che si radica e si agita da quelle parti misteriose. (Il fondo è misterioso per definizione. Anche se poi...) (Diversi sono gli abissi; ma pure loro, a starci per un po'...)

Oggi l'acqua del canale è abbastanza bassa da essere trasparente lungo la riva, mentre al centro, e da lontano, appare come una membrana verdenera, un po' opaca. Il cielo è coperto, la luce debole, uniforme. Sulla superficie stagnano foglie, rametti e tutto un brulicare di minuzie che la rendono qua e là come ruvida, mentre lungo i bordi, incagliati in piccole rientranze, tra i rami degli arbusti o gli steli di erbe alte, galleggiano corpi più voluminosi, bottiglie, assicelle, frammenti di sacchetti e lattine, portati dagli ultimi sussulti della corrente prima che si spegnesse, in una visuale sincronica, ora, ma con inscritte tracce temporali decifrabili anche senza eccessi di immaginazione.

Nei punti più bassi e ciottolosi, gli insetti depositano le loro larve e molti pesci le uova, al riparo dai predatori, che però la sanno lunga e una buona parte se la pappano lo stesso. Appena sopra la superficie, altri insetti e la mirabile congerie dell'invisibile che riesco solo a immaginare (ovviamente) danzano la loro vita fulminea e eterna. Esattamente come noi. Come me.

 

Mentre rileggevo queste banalità con il deplorevole proposito di continuare, ho saputo del terremoto in Giappone e ho visto i video dello tsunami e, più tardi, dell'esplosione della centrale nucleare.

 

Il giorno prima avevo preso un appunto dedicato allo sguardo perso. Diceva così:

"Viene il momento in cui, senza che te ne accorga, ti trovi stampato in faccia questo sguardo perso, che diventa il tuo sguardo definitivo, soggiacente a tutti gli altri che potrai avere, velato a volte, o ben nascosto, ma sempre presente, irredimibile.

(L'ho appena visto sul signor M., fermo davanti al cancello di casa sua, incurvato in avanti, la bocca appena aperta, che non guardava niente e forse vedeva tutto.)"

 

Guardando i video anche il mio è venuto a galla. Esploso insieme alla centrale.

 

(E da noi i delinquenti vogliono farne!)

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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